È tutta colpa della droga.
Per Matteo Salvini, l’uomo che di Stefano Cucchi disse “sua sorella mi fa schifo, è difficile pensare che sia stato pestato”, l’uomo che ha sempre difeso a spada tratta i carabinieri che la scorsa settimana sono invece stati condannati per l’omicidio preterintenzionale del geometra romano avvenuto nel 2009 dopo un pestaggio proprio ad opera di uomini dell’Arma dentro una caserma, ancora riduce tutto ad una questione di droga.
Come se il caso un cittadino – che era sì uno spacciatore, ma che non per questo andava giustiziato a calci e pugni mentre era a terra legato – ammazzato di botte da uomini con indosso una divisa dello Stato possa essere liquidabile come una mera faccenda di spaccio.
“Sentenza Cucchi? Prendo atto – ha detto Salvini poco fa ai microfoni dei cronisti fiori alla sede della Corte di Cassazione, in piazza Cavour a Roma, dove ha appena depositato una proposta di legge di iniziativa popolare sulla maternità surrogata –. Io sono sempre e comunque contro ogni tipo di droga. Quando c’è di mezzo un morto c’è solo da pregare. La droga uccide i ragazzi di oggi, che dopo il lockdown si strafanno di farmaci e psicofarmaci. Gli agenti sono stati condannati? Vuol dire che hanno sbagliato”.
Per Salvini, insomma, la morte di un ragazzo ucciso dalle botte ricevute in caserma da un gruppo di carabinieri, che per anni con depistaggi e coperture hanno tentato di occultare la verità, è una questione riconducibile al problema droga.