E pensare che c’è che chi crede che sia tutta una montatura, una gigantesca fake news per screditare la Russia. Le diverse storie che arrivano dall’Ucraina, raccontate da gente comune – persone come noi, che prima dell’invasione dello zar lavoravano in banca o che so in un pub, portavano i bambini a scuola, uscivano la sera con gli amici – ci fan toccare con mano fino a che punto si stiano spingendo le milizie del leader del Cremlino. Quali barbarie, orrori, si stiano perpetuando anche a danno di donne, bambini e vecchi.
Su «La Repubblica» la testimonianza choc di Vladislav Kozlovskiy, 28 anni: “Hanno ucciso un uomo anziano, uno che non conoscevo. Era davanti a me, seduto su una panchina. Un russo si è avvicinato e gli ha sparato in testa, poi se ne è andato”. Kozlovskiy faceva il manager di un ristorante nel centro di Bucha, prima dell’occupazione. È stato ostaggio per circa un mese con altri in un rifugio antimissili.
“Un giorno mi hanno puntato la mitragliatrice alla testa, poi hanno sparato un colpo singolo vicino all’orecchio senza colpirmi. Infine mi hanno dato un calcio in testa e mi hanno lasciato lì”, ha riferito ai media italiani. Le truppe nemiche non hanno avuto pietà: hanno ucciso a sangue freddo donne e bambini; “hanno messo i cadaveri nella pala di un escavatore, il buco era già stato fatto, li hanno scaricati e coperti di terra”. Non solo, purtroppo.
“Il 2 marzo ci eravamo rifugiati nel bunker collettivo, che è vicino alla vetreria. Ma ci hanno trovati subito. Battevano contro le porte, alla fine abbiamo aperto. Quei primi soldati non ci hanno fatto niente, ci hanno promesso di farci uscire dopo due giorni, e dato persino le loro razioni perché mangiassimo. Il sesto giorno siamo usciti. Le donne con i bambini e gli anziani sono stati rilasciati, noi siamo rimasti in quindici, tutti uomini. Era un reparto speciale. Uomini aggressivi, violenti. Ci hanno portato via i telefoni, ci hanno fatti mettere in ginocchio”, ha riferito Vladislav Kozlovskiy. Li han fatti spogliare perché “cercavano i tatuaggi, i simboli, le rune”. Nessuno ne aveva.
Non è una messinscena, come pensa qualche utente sui social: una donna anziana, Tania, ha confidato sempre a «La Repubblica» di aver perso il marito nel caos dell’occupazione, e di aver riconosciuto soltanto in un secondo momento il compagno dalle scarpe e dai pantaloni. “Allora sono andata a cercare un amico che mi aiutasse a girarlo, perché aveva la faccia sul cemento e non volevo che stesse così. Era lui, pieno di sangue secco. Lì dentro c’era un odore forte di morti, e una grande puzza di urina”, in un seminterrato della Croce Rossa.
Sulla via Kirova, una ventina di cadaveri. Sono stati lasciati lì, nessuno ha avuto il coraggio di andarli a prendere. Qualche corpo è stato seppellito dai parenti nel giardino davanti casa. Troppo lontano il cimitero, troppa la paura dei Russi. Buche scavate in fretta, di notte, nella terra ghiacciata. I soldati sono entrati dovunque, hanno rubato quel che potevano. Qualcuno è arrivato ad uccidere i residenti: “Hanno buttato i cadaveri giù dai letti e si sono messi a dormire lì”. Racconti agghiaccianti, dolorosi.