E adesso? Adesso che il genocidio di Bucha ha svelato al mondo (se mai ci fosse stato bisogno di ulteriore conferma!) senza margine di errore il vero volto di Vladimir Putin, eleggendolo il Milosevic dell’era 4.0, con che faccia i populisti del nazionalismo putiniano, quelli che avevano eletto lo zar del Cremlino a idolo sovranista, intendono ripresentarsi all’opinione pubblica?
Quelli che, definiti a buon diritto da Il Foglio “utili idioti del putinismo”, come ad esempio Matteo Salvini, per anni hanno promosso e difeso l’indifendibile, la provano un minimo di drammatica vergogna o affileranno quelle poche unghie rimaste per arrampicarsi ancora sugli specchi del “Putin difensore della libertà contro lo spettro comunista”?
Cercare di rifarsi una verginità, ora, per loro sarà impossibile. La realtà, persino più orribile di quanto si potesse immaginare, non mente. Le fosse comuni e le storie dei sopravvissuti di Bucha non mentono. Non sono “propaganda antirussa”, come annuncia Mosca. Sono la straziante verità sul regime dell’autocrate del Cremlino osannato da chi per anni ha affermato di preferirlo alle democrazie liberali occidentali. Di chi in Italia lo avrebbe persino voluto al posto del presidente Sergio Mattarella.
Se, per paradosso, qualcosa di buono dalla lezione, oscena, di Bucha lo possiamo trovare, è che finalmente le vestali del putinismo estremo sono state definitivamente sbugiardate e messe all’angolo. Insieme al loro folle tentativo di putinizzare l’Occidente e le sue, via Dio!, radici democratiche.