Nel suo “Patria” aveva denunciato la deriva dei sentimenti identitari dei popoli, sostenendo sempre la necessità di considerare l’Europa come casa comune, come unica patria. Oggi che la guerra in Ucraina ha riportato prepotentemente il tema di attualità lo scrittore di San Sebastiàn Fernando Aramburu ripropone i suoi timori sulla tenuta della democrazia e sul rischio egemonico rappresentato da nazioni come la Russia che con la forza tentano di esportare il loro modello autoritario nel Vecchio Continente. “Ora che conosciamo gli obiettivi del Cremlino, è facile cadere nella tentazione di dire che bastava conoscerli per prevedere la guerra – dice a Repubblica -; ma la verità è che, al di fuori della sfera dei servizi segreti e della politica nascosta, chi di noi scopre cosa accade nel mondo con l’aiuto della stampa non ne sapeva molto. Le manovre militari vicino al confine con l’Ucraina avevano certamente un cattivo odore, ma, d’altra parte, non sembrava ragionevole invadere un grande Paese con una strategia antiquata. C’è una determinazione nazionalista dietro questa aggressione criminale. È chiaro che questo non è un conflitto tra ideologie, ma piuttosto l’ambizione di allargare il territorio con la forza a spese del vicino e realizzare così il sogno della Grande Russia”.
Per lo scrittore non esistono responsabilità dell’Occidente nella guerra di Putin. “Cos’è l’Occidente? Tutto tranne Russia, Cina e mondo arabo? Non ci sono diversi gradi di responsabilità tra alcuni cosiddetti Paesi occidentali e altri – si chiede -? È vero che, tra questi, alcuni, diciamo pure gli Stati Uniti, hanno una presenza egemonica sul pianeta, sia economicamente che militarmente; ma in questo momento cercare la colpa lontano dalle città bombardate dell’Ucraina mi sembra un gesto di comprensione nei confronti dell’aggressore”.
“Non riesco a pensare a una sola persona sull’intero pianeta di cui ci si possa fidare meno di Putin – sentenzia -, lo muove ciò che ha sempre mosso i tiranni: manie di grandezza, complessi nascosti, ambizione, volontà di potenza, convinzione ferrea di essere nel giusto, una forma primitiva del maschile, disprezzo per la vita degli altri, un sentimento di superiorità, narcisismo, qualche vergogna nascosta. Tutte quelle cose che sono all’opposto di un abbraccio tra esseri umani».
Aramburu invita a riscoprire il ruolo dell’Europa come patria comune. “L’Europa è uno spazio di civiltà che alcuni possono confondere con una somma di società deboli e possono avere ragione, nel senso che persone educate, democratiche, colte, che accettano il patto sociale basato sulla parità dei diritti, offrono solitamente un’immagine di debolezza al barbaro -. Ma l’Europa ha capito che l’invasione dell’Ucraina è una questione molto più rilevante per la sua esistenza come comunità di nazioni rispetto alle discussioni sul prezzo dell’olio d’oliva o sulle quote di pesca. L’attacco di Putin è diretto contro valori che condividiamo nello spazio europeo e che hanno richiesto molti secoli di sangue, sudore e lacrime per essere conquistati. Sono lieto che l’Europa l’abbia intesa in questo modo- conclude – e abbia dato un’immagine di unità di fronte all’aggressione russa, esattamente l’opposto di ciò che intendeva Putin”.