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Caro Conte, ma quale “riarmo”! La Difesa è un investimento per l’Italia

Il balletto parlamentare sull’incremento di spesa per la Difesa, fino al 2 per cento in più da qui al 2028, è stato subito tradotto dal vasto fronte antimilitarista con la parola “riarmo”.  Quasi che la spesa per la nostra difesa fosse un costo che togliamo agli asili per le famiglie o al reddito di cittadinanza pagato a  chi aspetta un lavoro.

Invece non è così perché al netto della spesa per pagare il personale militare, caserme e uffici, materiali e armamenti, una quota non proprio secondaria del budget per la Difesa è spesa per investimento in tecnologia, innovazione, ricerca e sviluppo, con ricadute e commesse  per il sistema industriale e produttivo italiano.

Un investimento così utile che proprio il secondo governo Conte nel 2021 mise a bilancio il “fondo pluriennale per gli investimenti per la difesa” con un finanziamento di quasi un miliardo all’anno per i successivi 15 anni. Idem il governo Draghi. Tutto verso  l’obiettivo del 2 per cento sul Pil , non perché siamo governati da guerrafondai ma perché ci sono da rispettare gli accordi Nato.

Quel patto atlantico che per decenni ha garantito pace e sicurezza collettiva. Oggi invece, Conte e 5 Stelle maldigeriscono l’incremento per la spesa militare e torna la propaganda antimilitarista sul “riarmo”. Sembra una storia assurda  ma assurdo del resto  è il populismo politico italiano, convinto, magari, che alla spesa per la Difesa potremmo anche rinunciare del tutto.