Giugno 1976. L’Italia (ma in definitiva il mondo intero) è divisa da oltre 30 anni tra filo atlantici e filo sovietici. Le polemiche sulla scelta di appartenere all’alleanza atlantica, nata dopo la seconda guerra mondiale per difendere la pace in Europa dopo l’orrore nazi fascista, fu sempre – fino a tutt’oggi, pur con nomi e declinazioni nuove – lo spartiacque fra chi credeva nella democrazia liberale e chi si riconosceva nel comunismo sovietico. Poi c’erano quelli che criticavano i due “imperialismi”, come li etichettavano, e rifiutavano ogni logica di separazione fra mondi che erano in realtà inconciliabili. E in questo contesto accadde appunto l’impensabile.
In una intervista del giugno 1976 di Giampaolo Pansa a Enrico Berlinguer, il segretario del PCI, il maggiore partito comunista d’Occidente, disse: “Io voglio che l’Italia non esca dal Patto Atlantico….e non solo perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento piu’ sicuro stando di qua, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi per limitare la nostra autonomia”. E, poi, rispondendo alla domanda successiva: “Sì, certo, il sistema occidentale offre meno vincoli. Però stia attento. Di là, all’Est, forse, vorrebbero che noi costruissimo il socialismo come piace a loro. Ma di qua, all’Ovest, alcuni non vorrebbero neppure lasciarci cominciare a farlo, anche nella libertà”.
Ecco, certamente Berlinguer non era un liberale – sport questo molto diffuso oggi soprattutto a sinistra – ma affermò che libertà e democrazia stavano dalla parte occidentale. E, soprattutto ammise che senza lo scudo della Nato nessun paese europeo sarebbe stato al riparo dalle mire espansionistiche dell’Unione Sovietica: non si nascose dietro il paravento ipocrita del “né con gli uni, né con gli altri”. Ha avuto sempre il coraggio di dire le cose Enrico Berlinguer. E non per piacere, per seguire le mode del momento. Non possiamo dire lo stesso della figlia Bianca, che, in nome dell’audience, ha deciso oggi con la Rai di stipendiare con i soldi dei contribuenti un personaggio come Orsini. Come rivelato da «Il Foglio» il professore vicinissimo a Putin godrà di un compenso che ammonta a circa 2000 euro a puntata, per un totale di sei appuntamenti.
Lo stesso pericolo di allora lo avvertono l’Ucraina ed altri piccoli Stati per effetto della politica di Putin. E guardano alla Nato non per aggredire l’Unione Sovietica ma per non essere aggrediti. Ed è insopportabile, a distanza di 45 anni da quell’intervista e più di 30 dal crollo del muro di Berlino, constatare quante persone non riescano a vedere come Putin, all’interno e all’esterno del suo paese stia ripercorrendo le orme dei feroci dittatori che grandissime sofferenze arrecarono nel secolo precedente. La propaganda purtroppo ha sempre usato l’ignoranza, le paure e le debolezze dei più fragili per manipolare la pace a proprio piacimento.