Guarda e riguarda le fotografie scattate in Ucraina durante questi devastanti giorni di conflitto Maria Stepanova e come tanti di noi non riesce a farsi capace di quanto sta accadendo. Le strade di Kharkiv con «le travi e i buchi neri al posto delle finestre, i profili di edifici meravigliosi con le viscere carbonizzate» sembrano il fondale di un incubo che purtroppo corrisponde al vero. È la desolante realtà con cui Putin ci costringe a fare i conti. «Negli ultimi giorni, nelle ultime notti questi sogni sono diventati realtà. Una realtà ancora più terribile di quanto ci poteva sembrare. In questa realtà, la violenza, l’aggressione, il male parlano la lingua russa. Come ha scritto qualcuno sulla rete, ‘sogno che ci hanno invaso i nazisti — e questi nazisti siamo noi’», scrive la giornalista in un toccante articolo uscito sul «Corriere della Sera».
Maria Stepanova ha riflettuto sulla parola «nazisti», la più ricorrente nel lessico politico dello Stato russo: presente sia nei discorsi di Putin sia negli editoriali della propaganda ufficiale. «Viene utilizzata per indicare la forza nemica che, secondo loro, si è installata in Ucraina: il nemico è talmente forte che per contrastarlo si può e si deve usare l’aggressione armata. (…) La propaganda la usa come il marchio nero, che appiccica a chiunque come capita: definisci un nemico ‘nazista’ e questo spiegherà e giustificherà qualsiasi azione intrapresa», chiarisce.
Nella sua analisi puntuale la scrittrice poi rimarca: «I mezzi impiegati in questa guerra sono stati valutati minuziosamente: l’esercito, che di solito veniva indicato come una forza moderna, tecnologica, altamente efficiente, ricorre a metodi che sembrano mutuati dai film sulla Seconda guerra mondiale. Qualsiasi guerra è spaventosa e disgustosa, ma questa ha una caratteristica particolare. Le colonne di veicoli corazzati che si snodano lungo le strade, i rifugi, i quartieri cittadini ridotti in macerie, quello che noi vediamo sullo schermo, e coloro che adesso in Ucraina hanno davanti a sé — tutto ciò sembra una terrificante ricostruzione, una messa in scena nella quale sparano con proiettili veri, usando persone vive come bersaglio». «È un qualcosa del tutto nuovo, e che non somiglia affatto a una pragmatica operazione di guerra, ma allo stesso tempo è qualcosa di estremamente anacronistico – la guerra del ventesimo secolo trasportata nel campo di azione del ventunesimo», ha aggiunto. Ed è un conflitto che, come scrive la Stepanova, osserviamo rabbrividendo per il dolore e la vergogna. «Quanto stiamo sperimentando ora può essere definito come la distruzione dell’immaginabile», ha sottolineato.
«Ammettere che l’intervento dell’inimmaginabile — ossia ciò che l’immaginazione collettiva esclude in quanto impossibile/inammissibile — possa succedere realmente nella vita quotidiana, in un normale mattino d’inverno, sarebbe una catastrofe che fa piazza pulita di tutte le rappresentazioni della modernità con il suo contratto sociale che si riduce alla necessità di comprensione, di empatia, di buon senso (e di un po’ di scetticismo, quando si tratta di pronostici allarmistici). Ma nel momento attuale è già successo tutto, e noi ci troviamo su un cumulo di macerie», ha spiegato la scrittrice. Siamo arrivati a questo punto per la volontà personale di Putin; per il suo tentativo di riscrivere la storia dell’Ucraina e dell’Europa, «di cambiare il nostro presente e di predeterminare il futuro». Secondo lo zar «l’Ucraina deve essere umiliata, privata di tutti gli attributi di indipendenza e di autonomia». E la ferocia con cui sta portando avanti il suo folle piano ci lascia sgomenti. «L’Ucraina è oggi l’arena di una lotta tra il bene e il male, per quanto magniloquente possa suonare: dal suo esito dipende il destino di tutti e di ognuno, e non solo dell’Ucraina e della Russia», la considerazione finale della Stepanova.