La vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk lo ha detto: se i russi entreranno a Kiev combatteremo casa per casa, finché non li avremo cacciati via o uccisi tutti. La determinazione e il coraggio di questo popolo aggredito è impressionante. Se gli ucraini riusciranno ancora a resistere 10, 15 giorni potrebbero accadere due cose.
L’invasione in Ucraina di Putin non sarà più un blitz, i russi non saranno più in grado di attaccare e dovranno fermarsi, acquartierarsi o ritirarsi. La seconda cosa è che forse assisteremo a un nuovo e vero risveglio delle democrazie europee. Non solo le sanzioni ma una presa di coscienza politica del nuovo mondo al quale andiamo incontro, come dimostra la visita dei tre premier europei da Zelensky di ieri.
Per gli europei è finalmente arrivato il momento di mettere al primo posta la questione della propria sicurezza, è il momento di far valere i propri valori e gli ideali che sono alla base della Unione. Insomma è il momento di subordinare gli interessi economici al futuro che vogliamo: una Europa più forte e diversa che abbia dentro l’Ucraina.
La ricostruzione di questo Paese dopo la guerra dovrà mobilitare ingentissime risorse e prevedere il ritorno a casa dei profughi. E servirà un piano per la Russia, sia che essa esca sgonfiata e sconfitta dalla guerra ma con un regime nuovo e disposto a ripartire con l’Occidente, sia che Putin resti a capo di uno stato paria, uno stato fallito e isolato dalla comunità internazionale.
In ogni caso, le democrazie europee si stanno risvegliando. Politicamente bisogna stimolare questo processo il più possibile. Perché come diceva Churchill quando le democrazie si svegliano non ce n’è più per nessuno.