Anastasiia Yalanskaya aveva 26 anni, amava gli animali ed è morta per questo.
La giovane volontaria sapeva di correre un rischio enorme, eppure due giorni fa ha sfidato i bombardamenti ed è salita in macchina per portare da mangiare ai suoi amici a quattro zampe al canile di Bucha, località a una trentina di chilometri da Kiev. Ma si è imbattuta in un gruppo di soldati russi che, in barba ad ogni favola raccontata da Putin sulla tutela dei civili, l’hanno ammazzata a sangue freddo, sparandole in macchina da distanza ravvicinata. Con lei sono morti anche altri due volontari che insieme alla ventiseienne portavano cibo ai cani di Bucha.
Un massacro che strazia il cuore del marito Yevhen, che aveva messo in guardia la moglie su quanto rischioso fosse raggiungere il canile. “Le avevo chiesto di essere cauta, che al giorno d’oggi un errore costa moltissimo – dice il giovane, con cui la ragazza era sposata da meno di cinque anni -. Lei però stava aiutando tutti attorno a lei, non avrebbe lasciato la città. Le ho chiesto di pensare all’evacuazione, ma lei non ha voluto”.
Anastasiia Yalanskaya non era una sprovveduta né un’incosciente. Conosceva il rischio, ma l’amore per gli animali l’ha spinta al sacrificio più estremo: non avrebbe mai abbandonato quei cuccioli al loro destino, sapeva che senza di lei sarebbero morti di fame.
E invece è morta lei, bersaglio facile e indifeso dei proiettili russi.