di Nicola Iuvinale
“Privare i giovani del futuro è la forma più grave di diseguaglianza. Il miglior modo per ritrovare il presente è disegnare il futuro. Con la crisi bene i sussidi ma bisogna dar loro di più”.
Con queste parole il presidente Draghi aprì il Meeting per l’amicizia fra i popoli a Rimini nel 2020. Draghi ha mantenuto la parola, ha lavorato abbastanza bene anche se con una maggioranza eterogenea e “difficile da gestire”. Il PNRR sfornato dal Governo ha sostanzialmente una visione d’insieme, una direzione delineata per il Paese. Anche le risorse ripartite hanno una condivisibile allocazione.
Ma l’Italia non è un paese “centralizzato” dove le risorse “calate dall’alto” si traducono facilmente in progetti cantierabili. E c’è anche la “cattiva politica”. Ci sono, poi, i Ministeri, le Regioni, le Province, i Comuni, gli Enti vari, progetti da ideare, da realizzare, pareri da acquisire, ecc. Insomma per dirla tutta, c’è anche quella “forte burocrazia e abietta politica” che potrebbe rallentare la sua attuazione.
Per quanto riguarda la burocrazia, non per incapacità degli uomini chiamati alle proprie responsabilità (questo è anche un falso mito), quanto piuttosto dalla complessità del sistema decisionale che rende particolarmente difficile l’ideazione e la realizzazione concreta dei piani. Ma di quali progetti stiamo parlando? Nella consapevole, oggettiva complessità burocratica del Paese, il PNRR specifica gli archetipi comuni dei concreti programmi sui quali gli Enti e la politica saranno chiamati a lavorare? Quel PNRR potrebbe malauguratamente tradursi nel libro di “Pinocchio nel paese dei balocchi”?
Non augurandocelo, potrebbe, perché c’è qualcosa che difetta. Difettano i modelli, le linee guida e i generali programmi sovraordinati che potrebbero rallentare fortemente, se non vanificare le finalità del piano. Un esempio: l’istruzione, la scuola e il futuro disegnato per i giovani attraverso anche l’ammodernamento dell’infrastruttura scolastica. Cosa significa in concreto? Cosa potranno realizzare le amministrazioni locali interessate attraverso il PNRR? Come dovranno concretamente essere spesi quei soldi? Scegliere tra ristrutturare istituti vecchi o realizzare moderni e funzionali poli scolastici in grado di contenere palestre, teatri, biblioteche, laboratori, ecc.? E in quest’ultimo caso, dove realizzare i poli?
Tutto ciò andrà tradotto attraverso provvedimenti, atti, scelte politiche locali, interessi di varia natura che a dir poco sono complessi se non in molti casi anche divisivi. La conseguenza è di facile immaginazione. Quei difetti genetici del Piano, genereranno delle inevitabili diversità di vedute politiche locali (quasi feudali), creando anche delle possibili diseguaglianze per i giovani sulla qualità dell’istruzione, sul merito e sul loro futuro.
Oggi tanti nostri ragazzi sono costretti ad andare all’estero per trovare fortuna; molti di loro non riescono a collocarsi nel mondo del lavoro perché gli studi fatti e i titoli conseguiti non sono adeguati alla realtà occupazionale. Senza di loro l’Italia non ha un avvenire.
Il sistema scolastico e dell’istruzione, per la Buona Destra, è fondamentale per il futuro del Paese e andrebbe ricostruito dalle basi in una visione d’insieme. Senza grandi diversità locali. Per la Buona Destra questo approccio è purtroppo insufficiente nel PNRR.
Il sistema educativo e la sua capacità di fornire forza di lavoro qualificata sono da considerarsi quali fattori essenziali per la crescita economica e lo sviluppo sociale dell’uomo e del Paese. Un’opportunità da garantire a tutti e in egual misura in tutta Italia (ovviamente anche adattata alla soluzione degli specifici problemi locali). Perché l’Italia è una, non tanti feudi.