di Claudio Desirò
Che il populismo sia dilagante nel nostro Paese lo sappiamo da tempo, in fondo siamo l’unico paese al mondo con forze populiste sia al Governo che all’opposizione, ma che l’atteggiamento populista si impossessi trasversalmente dell’intera società lo scopriamo proprio in questi giorni in cui, le polemiche riguardo il progetto preliminare del Deposito Nazionale per la Gestione dei Rifiuti Radioattivi, vengono sostenute da slogan, spesso privi di contenuti.
Infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, tra coloro che si dichiarano contrari all’identificazione nel loro territorio di un sito adatto allo scopo, nessuno si è preso la briga di analizzare quale sia la tipologia di rifiuti considerati e di informarsi riguardo il progetto stesso, per poterlo poi criticare nel merito.
Spesso, vengono prese per oro colato le fonti più improbabili e sempre, o quasi, si muovono critiche prive di contenuti e razionalità.
Partiamo dai rifiuti tanto odiati, della composizione dei quali nessuno sembra occuparsi: 78 mila metri cubi di rifiuti di derivazione ospedaliera a fronte di 17 mila di altra origine. Già, perché ogni qualvolta ci sottoponiamo ad un RX, una tac, una Risonanza o, purtroppo, ad una terapia nucleare antitumorale, produciamo rifiuti.
Fa sorridere che in una società che pretende esami diagnostici ad ogni piccolo disturbo, nessuno si preoccupi poi di dove mettere i materiali da smaltire dopo l’utilizzo. Anzi, l’atteggiamento tipico lo si può riassumere con un: “l’esame lo faccio io, la scoria te la tieni tu”.
Ma anche riguardo il piano, i novelli macinatori di slogan ambientalisti, non hanno ritenuto di doversi informare a dovere, perdendo l’opportunità di muovere critiche eventualmente circostanziate ad un piano, comunque, in parte criticabile.
Partiamo dalle assurde critiche mosse verso questo esecutivo, irrealistiche essendo l’Italia uno dei pochi paesi che hanno procrastinato nel tempo un progetto idoneo in questo campo. Infatti, tutti gli altri paesi hanno depositi funzionanti e funzionali, mentre nel nostro paese, l’atteggiamento politico che porta sempre al rimando delle soluzioni impopolari ai problemi, ha portato a tenere nel cassetto per 10 anni almeno, il relativo piano.
Un altro presupposto da far presente ai nuovi no-scorie, risiede nell’effettiva esigenza di gestione di questi materiali: o continuiamo a girarci dall’altra parte interrandoli in Somalia o nella Terra dei Fuochi, salvo fare i finti indignati quando le Procure aprono le relative inchieste, oppure una sistemazione va trovata. L’alternativa al deposito nazionale potrebbe essere l’istituzione di 20 depositi in 20 regioni, in cui ogni territorio gestisca i propri. Fattibile? Non credo, anche perché poi si ricadrebbe nelle divisioni delle gestioni su piano provinciale, comunale, condominiale.
“Il rifiuto deriva da una tua TAC, te lo interri nel tuo giardino”. Il piano in sè, tra l’altro, potrebbe essere criticato in modo circostanziato nel suo razionale, ma i politici da slogan non hanno probabilmente voglia di informarsi a dovere. Infatti, il piano prevede di gestire nello stesso luogo rifiuti a bassa, media ed alta intensità, unico paese al mondo a farlo. Un piano, infine, che non prevede scenari e varianti differenti e che non è stato nemmeno preceduto da una valutazione riguardo la possibilità di poter gestire le nostre scorie in un piano Europeo di più ampio respiro, utilizzando depositi esistenti in nazioni che producono un quantitativo di scorie abbondantemente superiore a quelle prodotte in Italia, data la presenza nei loro territori delle centrali nucleari.
Depositi europei, ad esempio che potrebbero essere utilizzati per i rifiuti ad alta intensità radioattiva, permettendo di utilizzare un impianto nazionale per il rischio medio-basso, più gestibile e sicuro.
Insomma, il problema della gestione delle scorie nel nostro paese mette in luce, una volta di più, la totale impreparazione di una classe politica più attenta all’inseguire un like su un social, piuttosto che fornire soluzioni e prospettive per il bene del paese. Una corsa al consenso a cui partecipano tutti i politici e politicanti odierni, privi della capacità di razionalizzare una questione tramite un approccio moderno e risolutivo, perché più attenti ai sondaggi ed ai follower che alla realtà con cui dobbiamo confrontarci.