di Arianne Ghersi
Storicamente, il percorso religioso dell’Albania è stato turbolento e discontinuo. Il primo dato da rilevare è che il 6 febbraio 1967 Enver Halil Hoxha (dittatore al potere dalla fine della seconda guerra mondiale fino al 1985, anno della sua morte) tenne un discorso contro il credo religioso in cui affermava come la religione fosse l’oppio dei poveri e come fosse un preciso dovere estirpare questo male. Nel 1976 tutti i credi religiosi furono messi al bando dalla Costituzione della Repubblica Popolare d’Albania e si proibì la creazione di qualsiasi organizzazione o associazione di matrice religiosa. Nel 1992, con il crollo del regime comunista, questo particolare divieto cessò di esistere.
Quanto appena descritto dovrebbe far cercare di comprendere se una rinnovata spinta religiosa sia un’esigenza spirituale o un senso di rivalsa verso anni terribili ancora freschi nella mente del popolo.
Leggendo quanto riportato dalla ricercatrice Nathalie Claye, si può affermare che l’Islam dei Balcani presenta delle particolari specificità in quanto si è sviluppato all’interno di un ambiente a maggioranza cristiana, anche in epoca ottomana. In Albania si possono riscontrare numerosi fedeli che non sanno praticare, ma nonostante ciò si reputano credenti.
La religione assume quindi anche i contorni dell’ideologia politica. È interessante notare, sempre riferendosi agli studi condotti dalla ricercatrice precedentemente menzionata, che anche tra i musulmani balcanici molti hanno iniziato a pensare che l’Islam sia incompatibile con l’Europa e con la modernità e il più grande esempio di ciò è l’Albania. Non è una rarità che intellettuali di origine musulmana respingano il loro stesso credo, fino ad affermare come sia importante per il popolo sbarazzarsi dell’Islam.
In tale contesto è legittimo chiedersi, quindi, che ruolo abbia il fondamentalismo. L’attentatore di Vienna era macedone, ma facente parte di quel quaranta per cento di popolazione di origine albanese. Queste lotte intestine, così ravvicinate temporalmente, hanno portato una frangia di popolazione ad assumere una difesa ostinata dell’Islam in quanto bistrattato in nome di altre realtà come comunismo ed europeizzazione attuale? Non ho, ovviamente, una risposta netta ed assoluta, ma credo che un popolo a cui viene negata ciclicamente la spiritualità possa trovarsi disorientato ed esasperato.
Secondo i dati economici riportati nel 2018 dal sito albanese di T7 Live, si deduce come il 4% del PIL dello stato sia sostenuto da finanziamenti turchi. Inoltre, il sito Flurudha (in un articolo in lingua albanese datato 24/10/2013) pone l’attenzione sulle lungaggini burocratiche legate all’annessione all’Europa. Questo procrastinare, secondo quanto riportato, induce il popolo a pensare che non ci sia una strategia reale e si ipotizza concretamente che questo varco sia attivamente sfruttato da Erdogan per ampliare l’influenza turca all’interno dello Stato albanese.
Quanto appena affermato trova conferma in un articolo pubblicato da Deutsche Welle: vengono riportate le fotografie di una visita di Erdogan, avvenuta sempre nel 2013, in Kosovo; in tale occasione il presidente turco è stato accompagnato da Edi Rama, il suo corrispettivo albanese.
Mekuli Press, in un più recente articolo del 22/06/2020, riporta gli esiti di una riunione della commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo, incentrata sulla questione dell’integrazione dell’Albania nell’Unione Europea. L’eurodeputato Zimniok Berngard ha definito il Paese uno dei più corrotti e ha rimarcato la sua convinzione circa l’incapacità albanese di attuare le riforme richieste per l’apertura dei negoziati, esplicando inoltre le sue perplessità in merito ai rapporti che intercorrono tra Albania e Turchia: a suo avviso sarebbero finalizzati unicamente alla creazione di un nuovo impero ottomano. L’europarlamentare francese Thierry Mariani ha affermato che il paese si trovi sotto l’influenza turca e che non sia adatto all’annessione all’UE.
Non ho, ovviamente, la presunzione di sostenere che quanto da me riportato sia la realtà dei fatti, ma credo, a conclusione di questo mio intervento, sia importante soffermarmi sulle criticità esposte. L’Albania è stato a lungo descritto come un possibile ottimo partner, soprattutto italiano. Le migrazioni degli anni ‘90 hanno sicuramente contribuito ad intrecciare un cammino comune, ma il bandolo della matassa sembra complicarsi con lo scorrere del tempo. Suggerire di annettere uno stato all’UE con il solo intento di sottrarre un sostenitore a Erdogan credo sia poco lungimirante, ma sono convinta che non si possa “discutere” di un’annessione per un periodo di tempo troppo lungo: il popolo rischia di rimanere, legittimamente, disorientato e si rischia che l’incertezza, la burocrazia e la scarsa chiarezza circa le politiche internazionali siano terreno fertile per un’islamizzazione fondamentalista, soprattutto se parliamo di uno stato che, come ho ricordato all’inizio, ha sicuramente poco esperienza storica nella gestione dei culti.