L’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dimostrato di essere disposto a tutto pur di preservare il suo potere, anche a costo di minare la democrazia americana. Mentre molti dei suoi stessi compagni di partito lo avvertivano dell’assurdità delle sue azioni, egli ha continuato a mentire sapendo benissimo di mentire. La “big lie” inventata da Trump, una menzogna colossale attribuita ai democratici, è stata la base per minare la legittima elezione di Joe Biden e perseguire il suo obiettivo.
Ma oltre alla pervasiva cospirazione contro il proprio paese, ciò che rende questo spettacolo politico insopportabile è il fatto che le bugie, l’inganno e la cospirazione siano stati pianificati e voluti da Trump. È il Partito Repubblicano che avrebbe dovuto fermare il proprio presidente, visto che sia lui che tutti sapevano che le affermazioni di brogli elettorali erano prive di fondamento.
Inizialmente, quando Trump ha vinto le primarie repubblicane nel 2016, molti nel Partito hanno disperato di fronte a questa presa di potere, considerandolo solo un’insolita candidatura. Tuttavia, una volta eletto, il Partito avrebbe dovuto isolare Trump e tenere a freno il suo istinto autoritario, ma invece ha preferito adattarsi a lui e utilizzarlo come strumento per proteggere l’establishment, rendendolo più simile alla tradizione. Questo approccio cinico e ambizioso ha consentito a Trump di mettere a punto il suo piano cospiratorio, senza che il Partito Repubblicano abbia intrapreso azioni decisive per fermarlo.
La “big lie” ha avuto effetti devastanti sulla democrazia americana, ma molti repubblicani hanno preferito chiudere gli occhi dinanzi alla minaccia rappresentata da Trump. Nonostante alcune voci dissenzienti, il Partito Repubblicano si è sostanzialmente finto morto, incapace di convincere Trump dell’importanza di preservare la verità e la legittimità delle istituzioni.
Anche dopo l’insurrezione al Congresso del 6 gennaio 2021, il Partito Repubblicano ha mancato di agire con fermezza contro Trump, optando per una retorica contraddittoria che disapprovava le sue azioni, ma nel contempo lo ha lasciato spazio all’interno del partito. La speranza che la giustizia potesse risolvere il problema è stata una scusa per evitare di affrontare direttamente l’ex presidente e mettere in discussione il suo ruolo all’interno del partito.
A quindici mesi dalle prossime presidenziali, il Partito Repubblicano è ancora impantanato nella sua dipendenza da Trump. Nonostante qualche voce che suggerisce al presidente di ritirarsi, la maggioranza del Partito continua a sostenerlo, temendo il potere incontrastato che ancora detiene sulle basi elettorali. Questo sostegno acritico a Trump mina la credibilità del Partito e crea un dilemma politico che potrebbe avere conseguenze gravi per il futuro del paese.
Il Partito Repubblicano avrebbe dovuto prendere una posizione decisa e isolare Trump dopo la sua uscita dalla Casa Bianca, per proteggere il proprio futuro e l’America. La mancanza di azione ha fatto sì che Trump continui ad essere l’unico candidato possibile per il 2024, mantenendo viva l’incertezza politica e minacciando la democrazia stessa. Solo quando il partito si distaccherà definitivamente da lui e dalle sue politiche dannose potrà avviare un percorso di ricostruzione e rinascita. Se invece dovesse continuare a essere un’appendice di Trump, rischierà di perdere la sua identità e di minare il fondamento stesso della democrazia americana. La politica dovrebbe essere uno strumento per migliorare la vita dei cittadini, non una guerra senza scrupoli per il potere.
Le elezioni di metà mandato hanno dimostrato che gli elettori non hanno inviato un messaggio trumpiano. È tempo che il Partito Repubblicano segua l’esempio del popolo e prenda una posizione coraggiosa contro l’eversore che minaccia la democrazia. Solo allora potrà sperare di riguadagnare il rispetto della comunità internazionale e restaurare la fiducia degli americani nel proprio sistema politico. Il tempo per agire è ora, prima che sia troppo tardi.