Poco dopo l’una di notte l’esercito israeliano ha avviato una maxi operazione militare nel campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Inclusi in questo piano, nato per depotenziare il terrorismo, più di mille soldati. Nel mirino, il “centro di comando congiunto”, usato per pianificare attacchi, nonché deposito di armi ed esplosivi, ma pure nascondiglio per i miliziani coinvolti negli attentati degli ultimi mesi. Il bilancio finora è di almeno 8 palestinesi uccisi e una trentina di feriti, di cui sette gravi.
I militari israeliani sono ancora in azione. Dopo l’attacco aereo iniziale, sono continuate le incursioni con i droni che hanno colpito anche depositi e fabbriche di armi. Un elemento di novità, come evidenzia «Il Foglio»: era da anni che Gerusalemme non ricorreva all’utilizzo dei droni in Cisgiordania.
L’operazione va avanti “come previsto” ed è stato “inferto un duro colpo alle organizzazioni terroristiche”, ha riferito il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, dopo una riunione con il capo di Stato maggiore Herzi Halevi, celebrando “risultati operativi impressionanti”. Hamas e Jihad Islamica hanno minacciato vendetta e hanno esortato la popolazione della Cisgiordania a unirsi ai miliziani nella lotta a Jenin.
Nella lettera inviata alle truppe prima del lancio dell’operazione, il generale Avi Blot, capo della divisione militare della Cisgiordania, ha scritto che l’obiettivo degli attacchi a Jenin era “cambiare la situazione” nella città. Ha scritto Blot: “Agli occhi del nemico, il campo profughi è diventato ‘una città rifugio’ e la libertà di azione dell’esercito israeliano nell’area è messa in discussione”. La missione, secondo le parole del generale, serve a “creare un controllo operativo, contrastare e arrestare i terroristi, distruggere le infrastrutture nemiche e confiscare le armi”. Quest’operazione non si poteva più rimandare, era necessaria: sarà utile a dare un segnale e anche a fermare i fabbricanti di bombe. Difatti distruggere le loro officine è un’urgenza per Gerusalemme.
Gli Stati Uniti hanno detto di sostenere la sicurezza e il diritto di Israele a difendere il popolo contro Hamas, la Jihad islamica palestinese e altri gruppi terroristici. Un portavoce del dipartimento di Stato americano ha precisato che l’imperativo è “prendere tutte le precauzioni possibili per prevenire la perdita di vite civili”.