Un’operazione di equilibrismo politico che alla fine fiaccherà anche lei, perché non potrà durare a lungo. Anche in queste prime fasi di vita del suo governo, Giorgia Meloni, tra l’imbarazzo per un’uscita inopportuna di Berlusconi e Salvini e le estenuanti trattative per il sottogoverno, continua a volere tenere tutti insieme anche se lei per prima sa che sarà impossibile.
Perché ciò che non lega non può stare insieme, almeno nel lungo periodo. E nella maggioranza di Giorgia Meloni le distanze tra i partiti che la compongono sono abissali. È inevitabile che prima o poi lo scontro, che adesso si consuma per ruoli di primo piano e strapuntini, si sposterà sui temi. Sulla politica estera, con l’invio di nuove armi all’Ucraina dopo il 31 dicembre. È già scritto che Salvini e Berlusconi faranno le barricate pro Putin contro l’atlantismo della premier. E su pensioni e giustizia lo stesso, non basterà aver piazzato un leghista al MEF: le diversità verranno fuori lo stesso e genereranno di nuovo instabilità.
Voler tenere insieme quello che insieme non può stare è il più grosso limite di Giorgia Meloni.