Quello a cui stiamo assistendo oggi è uno spettacolo a dir poco desolante. Sembra sul serio che si sia persa di vista la buona politica, che non è “faziosità”, ma confronto schietto e comunicazione sincera. Ambedue richiedono ascolto e libertà di parlare, affinché la discussione sia sempre accesa, vivace e costruttiva. Chi è fazioso a priori, al contrario, preclude ogni forma di dibattito, ogni stimolo al ragionamento e condivisione.
A destra salta all’occhio il culto illusorio della propria forza. Prendiamo la scelta dei presidenti di Camera e Senato, pescati con cura ai lati estremi del perimetro identitario e votati da sé stessi senza nulla concedere al dialogo istituzionale. Marco Follini sul «Domani» parla oggi in un editoriale, non a caso, di «culto fortilizio». In sostanza, forti del risultato i partiti della maggioranza dichiarano al mondo la loro spavalderia, convinti che i loro numeri, che nei fatti non sono neppure così esaltati, giustifichino ogni forma di arroganza. Dall’altra parte, a sinistra, poi c’è il nulla: il Pd, in seria difficoltà non riesce ad abbandonare la propria comfort zone. I dem, anziché ragionare sui voti perduti e recuperare la sintonia con gli elettori, continuano a strizzare l’occhio alla realtà post grillina tirata su dall’avvocato del popolo Giuseppe Conte, tra i principali responsabili della caduta del governo Draghi, che nella giornata di ieri salutando i giornalisti accreditati a Palazzo Chigi ha dimostrato ancora una volta tutta la sua signorilità. L’unica nota positiva del dopo elezioni è il centro, che al netto è vero, è ancora troppo piccolo, ma come si dice: gli elefanti hanno paura dei topi. E Azione-Iv sono riusciti finora abbastanza bene a mostrare le debolezze di questa destra sempre più destra e di questa sinistra sempre più a sinistra. Dove porteranno queste due tifoserie? Probabilmente da nessuna parte, su un binario morto. Come ci siamo arrivati?
Eh, versiamo in questa allucinante situazione perché la politica è scaduta nella faziosità. Quindi, la stessa ha perso stile, eleganza, quello smalto che la rendeva attraente. Da qui la disaffezione degli elettori, che si sentono poco coinvolti nelle scelte del Palazzo. L’astensionismo alle urne ne è un chiaro un segnale, ma i nostri politici continuano a muoversi come se nulla fosse. Troppa fatica richiederebbe, infatti, un j’accuse e capire dove si è sbagliato e si può migliorare; più semplice lamentarsene soltanto. Neppure il naturale istinto della sopravvivenza smuove i vari Salvini, Berlusconi e Conte, che continuano a guardare solo ed esclusivamente alle proprie tifoserie. Non hanno ancora capito, tanto a destra quanto a sinistra, che lo scontro identitario non conviene a nessuno. Cosa vorremmo vedere invece? Beh, qualcuno capace di andare oltre il suo spirito di parte; una persona in grado di recuperare il fondamento dell’oratoria, intesa come nobile arte del comunicare, anche perché senza di essa tutto è ridotto ad una farsa, ad improvvisazione, teatralità.