Strano popolo, quello dell’estrema destra italiana. Quella che troppo spesso urla, sbava e rompe le scatole sui social media, inneggiando al “quando c’era lui” e ai meriti, più presunti che reali, di un regime totalitario di cui non si dovrebbe più avere il coraggio di parlare come di un’alternativa politica. Arditi da tastiera, da sempre innamorati dell’uomo, o della donna, forte essi plaudono entusiasticamente quando, senza nemmeno bisogno di una parvenza di emergenza, qualcuno che a loro piace chiede i pieni poteri.
Ma quando poi l’emergenza si presenta davvero, e non solo per l’Italia bensì per mondo intero, e va affrontata con decisione, sono proprio loro i primi a strapparsi le vesti. Vaneggiando di vivere alla merce’ di una terribile dittatura, che in realtà non e’ nemmeno l’ombra di quella di cui da sempre fanno il tifo, si scoprono liberali e allarmati per la democrazia e la libertà. Poco importa se democrazia e libertà sono gli stessi valori che loro stessi sarebbero pronti a calpestare senza alcun problema; magari in cambio di una nuova IRI o di una piccola palude bonificata. Intendiamoci, loro di liberale non hanno proprio nulla, cosi’ come i partiti, Lega e FdI, in cui spesso si identificano. Un liberale vero oggi a buon diritto si scandalizza per l’estensione dello stato di emergenza, ma da sempre inorridisce al solo pensiero del regime fascista.
Sono esseri meravigliosi, quasi fatati, gli estremisti destrorsi di oggi. Iposenzienti che, completamente privi memoria storica quanto di coerenza, si bullano da anni delle virtù della tirannia e sognano la frugalità dell’autarchia o il rigore del militarismo più estremo. Essi oggi perdono l’occasione storica di essere alfieri intransigenti, almeno a parole, del rispetto delle regole votate al bene comune. Chi più di loro dovrebbe essere dalla parte di uno Stato interventista? Tuttavia, quando, ad esempio, i militari, quelli veri non i posticci cosplayer che ogni anno sfilano a Predappio con improbabili Fez e sbiadite camicie nere imbarazzando anche i sampietrini, sono impegnati a fare il loro dovere per proteggere la salute pubblica, i nostri novelli squadristi sono i primi a scandalizzarsi alla vista di una divisa.
Per loro, quei militari diventano il simbolo di regime che, invece di bastonare gli immigrati appena sbarcati, un tema questo che è sempre un evergreen, se la prende coi poveri bagnanti che rifiutano la mascherina. E quando il grido “ma i Maro’?” non resta che un caro ricordo, allora il mantra diventa “ma i clandestini?” Perché si sa che fino a che l’ultimo migrante non avrà rispettato anche la più piccola e inutile delle norme italiche, all’italiano non sarà richiesto di rispettarne nessuna nemmeno in tempo di crisi sanitaria. E dunque per loro, in fondo benealtristi più che fascisti, valga l’eterno “anche oggi saremo coerenti domani” o il più moderno il cervello “non ce l’ho e non l’indosso”.