Sì, non si può negare che la minaccia nucleare sia presente, ma proprio per questo chiedere un negoziato senza pretendere precondizioni equivale a disinteressarsi dei diritti delle vittime, per conquistare una stabilità di pace morale che, però, è fittizia. Anche perché non è affatto vero, come affermano improvvisati pacifisti, che dalla Seconda Guerra Mondiale nel mondo regnava la pace.
La televisione e i social raccontano quotidianamente quanto avviene in Ucraina eppure, come per l’Indocina, l’Africa, i Balcani – ricorda Marco Perduca sull’HuffPost – anche nel caso della guerra “nel cuore dell’Europa” si continua a sacrificare la realtà sul campo sull’altare della pace col risultato che i conflitti continuano. Per non parlare dell’inversione dell’onere della prova sull’uso delle armi atomiche.
In queste ore si sta organizzando, per il 4 novembre prossimo, una marcia per la pace e il negoziato per porre fine alla guerra in Ucraina, che ha sollevato dubbi e critiche sia per la piattaforma politica su cui sarebbe stata convocata la manifestazione sia per chi la promuove.
Chi sta via via aderendo alla marcia, che probabilmente si terrà a Roma quando il governo avrà già giurato, fa parte di associazioni, movimenti e reti che storicamente si proclamano pacifiste e che negli ultimi 50 anni hanno occupato le piazze in occasione di conflitti armati. Ora, se è vero che un negoziato prevede delle concessioni, è altrettanto vero che la giustizia terrena prima di consegnare il suo verdetto alla politica deve poter fare il suo corso: da quasi 80 anni esistono accordi tra tutti gli Stati che rendono, o renderebbero, possibile confrontare la legge della forza con la forza della legge. Una legge – osserva sempre Perduca – frutto di conquiste politiche riformatrici che dopo lo sterminio di milioni di persone hanno voluto dire basta all’impunità anche per i massimi responsabili politici dei crimini commessi.