Mentre la XIX legislatura è appena cominciata e si tratta sui ministeri, c’è un dato certo che emerge prepotentemente: a 18 giorni dal voto la vittoriosa alleanza di Meloni, Salvini e Berlusconi è a pezzi.
Dopo la terribile giornata di martedì, in cui la spaccatura del centrodestra – e in particolare tra Meloni e i suoi alleati Salvini e Berlusconi (che l’aveva definita “arrogante”) – era emersa chiaramente, e ieri è stata confermata dall’incontro pomeridiano tra la leader di Fratelli d’Italia e La Russa, da una parte, e Berlusconi, nella sua villa romana, che è stato un fallimento.
Ma la verità è che questi sono dettagli – come il rifiuto della candidata a Palazzo Chigi di inserire nella lista dei ministri Ronzulli, stretta collaboratrice del Cav, o di Salvini di digerire la possibilità che Giorgetti diventi ministro dell’Economia, la poltrona più importante nel governo dopo quella del presidente del Consiglio – perché la faccenda aperta, come osserva Marcelllo Sorgi su La Stampa – è un’altra: ovvero il rifiuto del leader di Forza Italia e dell’omonimo della Lega di riconoscere a Meloni, la vera vincitrice delle elezioni, che con il risultato del suo partito ha trainato la coalizione, il ruolo di nuovo capo del centrodestra; come appunto era stato Berlusconi per oltre vent anni come è toccato a Salvini nella scorsa legislatura. E come vorrebbe la regola che chi prende un voto in più dà le
carte e forma il governo.