Il sistema politico italiano era al collasso. Lo ha dimostrato con l’elezione del presidente della Repubblica, grazie a Putin ha potuto nascondere sotto il tappeto della guerra tutta la sua implosione, per poi arrivare a questa assurda crisi di governo.
Per assurdo quanto sembri, il fatto che dalle urne esca una maggioranza chiara, inequivocabile, rappresenta un passaggio di non poco conto per il sistema partitico che a questo punto è obbligato a rifondarsi.
Attenzione il processo di rifondazione non è assolutamente detto che abbia una positività nel senso di un superamento della cultura populista ma tenderà a determinare un quadro chiaro dove nessuno può giocare l’eterna ambiguità dell’essere e non essere.
Il PD probabilmente andrà verso l’abbraccio con il M5S di Conte rinunciando definitivamente ad essere quella forza socialdemocratica che avrebbe dovuto formarsi post 89 ma chiudendo definitivamente anche con quel tentativo di iniezione liberaldemocratica tentata da Veltroni con il Lingotto.
In pratica riscoprirà la sua vera anima, mai dismessa, di un partito cattocomunista che ha continuato a vivere sotto mentite spoglie, che non è mai stato riformista nemmeno a guida Renzi, come si è visto.
La destra sovranista e populista con le sue sfaccettature: Forza Italia e Lega sallviniana, è chiamata alla prova del governo ma la cultura sovranista e populista non è un cavallo sul quale monti o scendi a secondo delle circostanze, non è un semplice seguire gli umori della società, perché è una precisa visione della società in termini statalisti, iperburocratici, che ha nel debito pubblico la sua fonte di sussistenza e di ispirazione.
Per inciso è la stessa cultura, visione della sinistra cattocomunista, rilegando la vecchia diatriba destra sinistra ad una contrapposizione fatta di echitette sotto luce riflessa da anni 70.
Almirante o Berlinguer appunto e nulla più.
Indubbiamente il quadro è desolante ma finalmente chiaro dove non è più possibile giocare a fare i riformisti, i progressisti, i patrioti, i conservatori, senza mai specificare il significato delle parole in modo tale da spacciare il tutto e il suo contrario.
È la riscrittura del vocabolario della politica come prassi e sostanza della medesima che in questo modo si rigenera.
L’alternativa liberale a quello che abbiamo definito bipopulismo va scritta, costruita, fatta materializzare in classe dirigente, ma assume una sua unicità: liberalismo contro costrizione, democrazia contro autocrazia, dittatura.
È l’unica alternativa senza alternative.
Per questo, davanti ad un risultato non pienamente soddisfacente dobbiamo stare attenti a non scendere sul terreno del “noi e loro”, quando l’appuntamento con la storia ci proietta dentro quell’unica alternativa.
È un processo che obbliga tutti a rivedere se stessi in rapporto agli altri.
Certo che dentro Italia Viva, Azione, ma anche nel mondo liberale storico, nel PRI ci sono retaggi culturali determinati dall’ atto di origine che oggi sicuramente hanno pesato negativamente nel delinearsi del risultato ma da questo, ci piaccia o meno, bisogna partire, è ciò che abbiamo.
Noi abbiamo il vantaggio che Buona Destra è il risultato di una elaborazione valoriale e politica senza influenze passate provenienti da altre storie politiche, abbiamo la nostra “verginità” culturale.
Questo va trasformato in forza aggregante, inclusiva, da mettere a servizio del futuro soggetto nella convinzione che non è un cedimento, un compromesso più o meno al ribasso ma che rappresenta il materializzarsi di quella Destra liberale la cui assenza aiuta l’affermazione della Destra farlocca sovranista e populista che Destra non si dovrebbe chiamare.
In quel materializzarsi magari si può perdere il nome Destra ma certamente non la sostanza fatta di visione del futuro, di valori che ne rappresentano la cornice dentro cui muoversi.
Comunque oggi più che mai abbiamo il nostro destino nelle nostre mani e da questo dipende anche il destino di tutti i nostri compagni di viaggio.
Siamo protagonisti.
Siamo l’architetti della nuova casa.
Lo possiamo fare se ci crediamo.