E ora cosa farà? Dovrà andrà? È la stessa domanda che ci si era posti nel 2011 quando salutò la Banca di Italia e più recentemente nel 2019 quando il banchiere lasciò la dirigenza della Bce. Allora Pierre Moscovici, commissario europeo per gli affari economici e monetari, disse poche semplici parole: «Mario Draghi avrà un successore, non sarà sostituito». Dichiarazioni che facevano capire l’eredità pesante (che serbava in sé il profondo insegnamento di matrice gesuita ad eccellere e a superare le attese) consegnata a Christine Lagarde. Frasi che potrebbero valere anche oggi, all’indomani delle elezioni. Il premier uscente che ha speso tutta la credibilità in questi mesi a vantaggio dell’Italia, svolgendo pienamente il ruolo di civil servant, prepara la successione. Super Mario è stato chiaro: gli impegni economici, inclusi quelli da 40 miliardi da trovare in 100 giorni, saranno appannaggio del nuovo esecutivo. Come a voler far capire al centrodestra: “Avete voluto la bicicletta, ora vi tocca pedalare”. D’altronde, Meloni e i suoi da mesi ripetono di essere pronti a governare. Beh, è arrivato il momento di dimostrarlo. Draghi, forse un po’ deluso per come sono andate le cose, guarda avanti: è da escludersi che torni alla tranquillità di Città della Pieve.
Già a New York durante la consegna del World Statesman Award Kissinger aveva fatto una battuta sull’addio del banchiere a Palazzo Chigi: «Ogni volta che Draghi ha lasciato un incarico è sempre stata una pausa, e mai un ritiro permanente». Senza intervenire, l’economista aveva alzato le sopracciglia con fare sorpreso, per poi lasciarsi andare un sorriso decisamente eloquente. Quello che Draghi non aveva avuto lo scorso febbraio durante una conferenza stampa quando un giornalista gli chiese di rivelare i suoi piani una volta terminato il suo impegno da premier. Con quel suo sottile humor inglese disse tutto di un botto: «Ho visto che tanti mi candidano a tanti posti in giro per il mondo, mostrando una sollecitudine straordinaria. Li ringrazio, ma se per caso decidessi di lavorare dopo questa esperienza, un lavoro me lo trovo anche da solo». E ora? Che succede? Cosa si profila all’orizzonte? Tre sono scenari noti: segretario della Nato, presidente della Commissione europea e presidente del Consiglio europeo. Ci sarebbe poi un quarto ruolo: mediatore tra Ucraina e Russia. La figura dell’inviato speciale sulla crisi ucraina per la quale si era pensato anche all’ex cancelliera Angela Merkel.
Non è finita qui, siccome in politica “mai dire mai”, qualcuno ipotizza addirittura che Draghi possa succedere a Sergio Mattarella come presidente della Repubblica in caso di dimissioni anticipate del nostro Capo dello Stato. Per ora non è nient’altro che un’ipotesi futuribile. Quello del Quirinale resta un sogno che Draghi ha visto infrangersi qualche mese fa, per l’incapacità dei nostri partiti, ma che potrebbe realizzarsi nel nuovo Parlamento dimezzato. Chi può dirlo? Lo scenario più concreto, sembra essere quello di diventare segretario generale della Nato, al posto del norvegese Jens Stoltenberg, il cui mandato terminerà tra un anno. Ma anche l’incarico della presidente della Commissione Ursula, Von der Leyen, e quello del presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, terminano nel 2024. Anche se si tratta di ruoli di posizioni di rango inferiore rispetto a quello di leader della Bce, la più potente istituzione comunitaria, che l’economista romano ha già ricoperto. Tutte congetture, un’unica certezza: Draghi farebbe bene il presidente della Repubblica, quello della Nato o del Consiglio Ue, come ha fatto bene il presidente del Consiglio. La cosa migliore resta una: continuare a non tirare Super Mario per la giacchetta.