La scarsa presenza di donne nelle posizioni apicali di ogni professione, ancora oggi è un fenomeno di vaste proporzioni e universalmente diffuso, particolarmente nelle culture mediterranee. Quando, poi, i ruoli apicali consentono di gestire una quota maggioritaria di potere sulle persone, sul denaro e sulle decisioni strategiche che riguardano la società nel suo complesso, la presenza femminile subisce una ulteriore drastica contrazione. Questo fatto, oltre a privare le donne delle opportunità che ogni moderna società rende oggi fruibile, mette in crisi il principio giuridico di uguaglianza tra gli esseri umani.
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La suddivisione del lavoro tra uomini e donne è stata caratterizzata, per millenni, da sfere di pertinenza non compatibili tra loro e dalla netta separazione di competenze. Ciò assicurava alla comunità di riferimento ogni tipo di attività a garanzia della sua sopravvivenza. La suddivisione del lavoro in base al genere, quindi, non nasce come esito di una differenza gerarchica tra i sessi. Tuttavia le funzioni sociali maschili hanno sempre comportato un più facile accesso e controllo delle risorse, favorendo negli uomini l’acquisizione di un potere decisionale più ampio ed esteso. In tal modo l’attribuzione di ruoli “dominanti” ha, di fatto, trasformato gli uomini, già avvantaggiati da maggiore vigoria fisica, in “dominatori”. La cultura patriarcale, presumendo la supremazia delle competenze maschili sui valori del mondo femminile, ha, a sua volta, trasfuso nella differente distribuzione dei ruoli in base al sesso un arbitrario significato gerarchico, rafforzando il concetto di disuguaglianza di genere.
L’inferiorità della donna, inaccettabile e incomprensibile ai nostri giorni, è stata per millenni una verità indiscussa. Dedizione alla famiglia, abnegazione e sottomissione all’uomo sono stati per secoli gli unici valori che potessero qualificare le virtù femminili, nient’altro. La cultura patriarcale ha sempre attribuito alla donna “ideale” virtù che derivano proprio dalla sua dimensione materiale e domestica: fertilità, laboriosità, mitezza, fedeltà, dolcezza, abnegazione, sottomissione. Secondo questa visione è nella vita domestica, e limitatamente allo spazio privato, che la donna esprime i suoi valori più autentici, ed è solo grazie al possesso di queste peculiari virtù domestiche che può rivendicare una dignità pari all’uomo. La cultura patriarcale ha insegnato alle donne ad essere quello che gli uomini volevano che fossero ed ha trasformato questa loro egoistica esigenza in dogma. J.S. Mill affermava già nel 1868 “Gli uomini insegnano alle donne che la debolezza, l’abnegazione, l’abdicazione di tutte le loro volontà nelle mani dell’uomo è l’essenza stessa ed il segreto della seduzione femminile”
Per millenni le cose sono andate avanti così: il diritto al successo e ad affermarsi, il privilegio di rivendicare le proprie esigenze ed esprimere i propri desideri, la possibilità di perseguire le aspirazioni professionali e le competenze sociali, non sembravano inclinazioni altrettanto consuete per le donne quanto lo sono per gli uomini. L’uomo può essere intrusivo, aggressivo, autoritario, le donne devono essere introverse, miti e passive fino al punto da accettare di dover subire situazioni spiacevoli anche assumendone la colpa pur non essendo le responsabili.
Per quanto oggi molte donne riconoscano il valore di una propria vita autonoma rispetto alle aspettative di una cultura patriarcale, non più pervasiva come lo è stata per millenni, tuttavia permangono nel profondo dell’animo femminile tracce indelebili di quegli antichi precetti. Non è raro che molte tra loro, sentendosi incapaci, perché non abbastanza avvezze, a percorrere l’accidentata strada verso l’autodeterminazione, trovino rifugio consolatorio in nuove forme di sudditanza ed obbedienza nostalgiche, dando nuovo spazio alle mai sopite tentazioni paternalistiche della nostra società. Sono spesso le donne, ahimè, che, ancora oggi, si adattano a modelli di vita scelti per loro da altri, a mantengono saldi, più o meno consapevolmente, alcuni tra i più potenti meccanismi discriminatori.
Tuttavia, in ragione della sempre più qualificata presenza femminile in ogni ambito lavorativo si è sempre più persuasi che i saperi e le competenze che le donne apportano nelle differenti sfere professionali, opportunamente integrate a quelle maschili, oggi rappresentano un contributo irrinunciabile per un più armonico sviluppo della società, comportano un deciso impulso alla economia e sono di sicuro vantaggio per una migliore qualità di vita.