Un conto è avere una notizia di reato, essere testimone, diretto o indiretto, di un atto odioso, vile, perseguibile penalmente. Un conto è utilizzare il video di uno stupro per fare bieca propaganda elettorale.
La differenza tra chi denuncia un reato e Giorgia Meloni, che diffonde il video dello stupro da parte di un richiedente asilo ai danni di una donna ucraina, è tutta qui: nella finalità dell’azione che si compie. La leader di Fratelli d’Italia non è venuta a conoscenza di un reato ed è andata a denunciarlo. No. Ha esposto una vittima al pubblico ludibrio, l’ha trasformata in oggetto inconsapevole di migliaia e migliaia di visualizzazioni morbose, me ha violato il diritto alla privacy e all’oblio. E lo ha fatto solo per banalizzare il male, per portare avanti ancora una volta la sua crociata anti immigrati. Per stimolare gli istinti peggiori, per solleticare le pulsioni primordiali. Tutto, ovviamente, a scopo elettorale.
“Una cosa indegna di un paese civile”: l’ha definita Carlo Calenda. E ha ragione. Perché no, cara Giorgia, questa bassezza, questo comportamento indecente e meschino, non è degno di chi pretende di intestarsi la cultura di destra in questo paese. La destra è altro rispetto a questo tentare di approfittare di una situazione penosa per un pugno di voti in più.