Estate, agosto, tempo di ferie, solleone, calciomercato e, naturalmente, fantacalcio. Per chi non lo conoscesse (esiste qualcuno che non lo conosce?), il fantacalcio è, secondo Wikipedia, un “gioco fantasport sul calcio, consistente nell’organizzare e gestire squadre virtuali formate da calciatori reali, scelti fra quelli che giocano il torneo cui il gioco si riferisce”. Il kick-off meeting, l’incontro da cui parte tutto, è costituito dall’asta del fantacalcio, una vera e propria asta in cui i contendenti formano le proprie squadre, acquistando i calciatori e facendo gare al rialzo per i giocatori più ambiti. Per quanto riguarda le regole, si potrebbe dire che l’asta del fantacalcio è sottoposta a due vincoli, uno di natura economica e uno di natura giuridica. A livello economico, il limite è dato dal portafoglio: si spende quello che si ha. A livello giuridico, invece, si è tenuti a formare una rosa che comprenda tutti i ruoli della squadra (portieri, difensori, centrocampisti, attaccanti).
Gli stati moderni funzionano alla stessa maniera (sì, più o meno). Ci sono vincoli di natura economica e vincoli di natura giuridica. Nel caso dell’Italia, il richiamo ai limiti è riassunto al massimo all’art. 1 della Costituzione, dove si dice che il popolo è sì sovrano ma solo “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Le ragioni per cui porsi limiti sono un po’ le stesse del (l’asta del) fantacalcio: sono le regole del gioco, senza le quali è impossibile giocare. Scorrendo la nostra Carta Fondamentale, di vincoli ce ne sono parecchi. I limiti di natura economica, invece, sono fisiologici: uno spende quello che ha. Nel caso degli stati, tuttavia, c’è un’interessante variante rispetto all’asta del fantacalcio: ci si può indebitare. Nel farlo, tuttavia, nasce un nuovo vincolo, ossia l’obbligo di ripagare quel debito. Ci si trova, in un certo senso, nella schiavitù del debitore: e d’altro canto, nell’antica Roma il debitore insolvente era in effetti alla completa mercé del creditore (attraverso la c.d. manus iniectio).
In questi giorni, Salvini e Berlusconi stanno apparentemente svolgendo un’asta del fantacalcio al contrario, considerando che propongono una flat tax al 23%, anzi no, al 15%, per tutti. Eppure, entrambe le proposte si scontrano con le regole del gioco: i vincoli della Costituzione (in questo caso, la progressività prevista dall’art. 53 pone qualche problematicità al concetto stesso di flat tax) e i vincoli economici. Chi paga? Come spiega Elsa Fornero su La Stampa, il costo delle proposte avanzate dalla destra è non sostenibile. È possibile che due appassionati di calcio come Salvini e Berlusconi non abbiano mai partecipato a un’asta del fantacalcio?