Di fronte ad una campagna elettorale disastrosa e, a tratti farsesca, che rivela ancora una volta tutte le contraddizioni dei partiti, il rischio serio è che l’Agenda Draghi diventi una via di mezzo tra una Smemoranda e un diario Comix. L’ex numero della Bce, che ora se ne sta beato nel suo casolare di campagna a Città della Pieve, all’ultima conferenza stampa ne ha negato l’esistenza, parlando piuttosto di un metodo fondato sulla «risposta pronta e la credibilità». Un approccio distante anni luce dai libri dei sogni che i leader politici stanno cercando di scrivere in queste convulse settimane per rendersi amabili agli occhi degli elettori.
“Quando ho iniziato non avevo un’agenda Draghi. Difficile dire che esiste un’agenda: sono le risposte pronte ai problemi che si presentano”, le parole del presidente del Consiglio Mario Draghi, che si è lasciato andare poi in quella stessa occasione ad una battuta, che ne palesa il raffinato humour (ma che fa capire pure quello che il premier intimamente pensa): “A fine Cdm ho augurato buone vacanze a quelli che non hanno la campagna elettorale e i migliori auguri a coloro che andranno in campagna elettorale”. Perché l’economista conosce quali sono le urgenze e i bisogni del Paese; nessuno più di lui sa quanto difficili saranno i mesi che verranno. Draghi è consapevole della necessità di un governo autorevole, che non disperda il lavoro fatto finora.
A rivendicare con maggiore decisione l’eredità di Draghi oggi sono coloro che si stanno impegnando in queste ore per la nascita di un Terzo Polo. Gli Italiani non hanno bisogno di partiti interessati solo a far perdere l’avversario, hanno il diritto di pretendere di più. Vale a dire di leggere programmi chiari. Non tattiche destinate a durare come un gatto in tangenziale, ma figure responsabili che sappiano portare avanti il programma di risanamento impostato dal governo guidato dall’ex dirigente della Bce. L’effetto Draghi sta in questo: i cittadini oggi non si accontentano più del primo venuto (né si lasceranno facilmente intontire da sirene elettorali), vogliono competenza, qualcuno di preparato, che sappia fronteggiare i problemi del Paese.
L’Agenda Draghi non è qualcosa di statico, è un progetto in fieri. È un connubio perfetto di pragmatismo e visionarietà, che sono poi le due anime dell’ex banchiere centrale: essa mira a conseguire dei risultati importanti portando a compimento le riforme che servono (si veda il Pnrr). Che in altri termini vuol dire assumersi le proprie responsabilità; significa riprendersi il gusto del futuro, ma tenendo ben saldo tra le mani il presente. Facile a dirsi, meno a che a farsi. Non basta andare in libreria: per questo alcuni leader di partito all’Agenda Draghi stanno preferendo la via del silenzio, molti la “Smemorandum Draghi” e altri ancora le freddure stile Comix. La domanda ora vera è: ci sono però ancora degli Italiani disposti a credere a favole e promesse vuote?