Una lettera aperta rivolta a chi è arrabbiato con Carlo Calenda per l’intesa elettorale raggiunta con Pd e +Europa. La scrive sull’HuffPost Filippo Rossi, fondatore del Movimento Buona Destra e di recente entrato in Azione, fornendo una razionale spiegazione sul perché l’ex ministro ha deciso di non correre da solo ma di rinforzare il fronte anti sovranista.
“Cari liberali arrabbiati con Carlo Calenda, cari popolari, cari moderati, quel che segue non è la difesa di ufficio di una decisione di Carlo Calenda, quella dell’alleanza con il Pd, presa sentendo il peso della responsabilità storica sulle spalle. Calenda non ne ha bisogno. Sa difendersi benissimo da solo – scrive Rossi -. Quel che segue è il tentativo sincero di ragionare insieme, oltre la passione del momento, oltre le giustificate delusioni, oltre i dubbi di tanti, e anche oltre le apodittiche certezze, sul perché razionale di una decisione. E sul perché questa decisione non rappresenta assolutamente il capolinea del progetto di costruire un polo liberale, popolare e riformista in Italia. Anzi”.
Prima di entrare nel vivo della sua spiegazione, il fondatore della Buona destra fa una premessa. “Cosa è, cosa deve essere, la politica per un liberale – chiede -? Innanzitutto concretezza. E laicità. Capacità di compromesso, anche. Sano realismo, responsabilità e, soprattutto, capacità di rinunciare a un interesse di parte (di partito) in nome di un interesse superiore. Di più, forse la cosa più importante, politica per un liberale è capacità di pensare con le testa e non con la pancia, nel tentativo, difficilissimo, di prendere decisioni oltre i sentimenti dell’istante. Ecco, un liberale fugge da ogni tirannia, fosse anche quella delle proprie certezze sparate all’istante contro una decisione vissuta ‘come tradimento, come abiura, come inciucio…’, in un vortice retorico che assomiglia tanto, fateci caso, a quello di Giorgia Meloni”.
“Pensare con la testa, allora. Proviamoci. Senza l’illusione di avere la verità in tasca ma con la consapevolezza che ogni decisione avrebbe scontentato qualcuno. Che poi è l’essenza di una politica non populista, avere la forza della decisione e il coraggio di deludere una parte di sé, in questo caso la parte di tutti noi che voleva a tutti i costi ‘andare da soli’ perché ‘così cresciamo, così salvaguardiamo la nostra purezza ideologica, la nostra differenza’ – scrive ancora Fillippo Rossi -. Ma la politica non può essere solo pulsione identitaria. E nemmeno interessi di bottega. “Da soli perché cresciamo”, sembra (anche in questo caso) il ragionamento di Giorgia Meloni quando ha deciso di non appoggiare il governo Draghi. Ha avuto ragione lei? Dal punto di vista numerico certo. Ma, noi lo sappiamo, stava comunque dalla parte del torto. Ecco, la politica alle volte è decidere da che parte stare senza andare troppo per il sottile. La politica è capire dove è la trincea e lì combattere. Cosa era più importante, oggi? L’interesse di parte di far crescere un terzo polo ‘duro e puro’ o l’interesse nazionale di cercare di evitare lo strapotere della destra sovranista, antieuropea, populista, filo putiniana? Credo che la risposta più intimamente liberale sia la seconda: evitare lo strapotere del peggior sovranismo europeo è qualcosa di più importante, di superiore, rispetto a incassare qualche consenso in più nel brevissimo periodo. Lo vogliamo chiamare patriottismo? Beh si, patriottismo è proprio questo: fare cose al di là dell’interesse di parte, donare una parte di sé per un interesse superiore, per lasciare un’Italia migliore ai nostri figli”.
“’Ma con chi vi siete messi?’ si sente dire. Un urlo forte, arrabbiato. ‘Con la sinistra, con Di Maio, con Fratoianni, con Bonelli? Vi state consegnando ai vostri avversari’. E qui la risposta non può che essere razionale – argomenta il giornalista -. Una volta decisa la trincea, quella contro l’orda sovranista, la politica diventa battaglia, diventa giustamente, sanamente ‘contro’. E se l’obiettivo è contrastare quella destra antieuropea, amica di Putin e Orban, se l’obiettivo è davvero quello, beh allora un’alleanza elettorale che non sposta di un millimetro la vostra, la nostra identità, ma che fa solo sperare in una possibile vittoria, beh va giocata fino in fondo. Ingoiando rospi? Sì anche ingoiando rospi. Belli grossi. Perché, diciamola tutta, un polo liberale, popolare e riformista può davvero nascere con al petto l’orrida medaglia di aver contribuito a portare al potere la destra sovranpopulista? Pensateci bene, amici liberali, il giorno dopo, con il vostro due per cento in più, sareste felici di quell’esito? O forse, proprio perché liberali, proprio perché popolari, proprio perché riformisti, proprio perché desiderosi tutti di rafforzare un polo moderato alternativo al sovranismo, la scelta giusta è quella di fare un passo indietro e mettersi al servizio del paese, al servizio dell’Italia che vogliamo: aperta, moderna, efficiente, europea. Un’Italia che – conclude -, per essere chiari, non è quella che vogliono Meloni, Salvini e Berlusconi”.