Può essere considerato il Padre nobile del centrodestra milanese, ma lui si considera “al massimo una buona esperienza di governo che ancora dà i suoi frutti”. In un’intervista a La Stampa l’ex sindaco Gabriele Albertini si conferma milanese al punto da rimanere in città nel momento in cui tutti se ne vanno. “E’ il momento migliore per godere Milano”. Che, per Albertini, è una città curiosa, aperta, internazionale, europea “Quindi tutti gli aspetti demagogici della propaganda, il populismo, il sensazionalismo, qui non sempre funzionano”, spiega.
Per l’ex sindaco, i milanesi si sentono traditi e in grave crisi. “Si poteva votare Calenda”, ma dopo il voto l’accordo col Pd “ognuno agirà secondo coscienza”. Lui si recherà alle urne, ma poi nella cabina elettorale, non so dove metterò la croce”. Ammette di aver avuto Calenda come riferimento, ma adesso è confuso perché a volte accade che «con certe coalizioni finisce che i programmi diventano incoerenti”.
All’ultima tornata, Albertini non esita a confidare di aver votato Forza Italia, “ma ora è così appiattita su posizioni in cui non mi riconosco, in questa vicinanza a Putin, in questo accordo con una coalizione che ha connotati demagogici e populisti da essere invotabile. Berlusconi – aggiunge – era il collante moderato centrista del centrodestra, ma con la caduta di Draghi molti si sono sentiti traditi. E il terzo governo che Berlusconi fa cadere. Questa volta gli hanno fatto balenare la possibilità di diventare presidente di quel Senato da cui era stato fatto decadere. Certo, per lui una bella soddisfazione…».
Quanto a Beppe Sala, Albertini confessa che a lui piaceva “durante il primo mandato, quando faceva il sindaco manager, invece in questo secondo mandato si è molto allontanato dalla sua linea civica». Mentre la Moratti “è stata chiamata in un momento in cui la Giunta regionale era scesa al 30 per centro del consenso. L’hanno chiamata dicendole, e nessuno lo ha masi smentito, che avrebbe fatto la presidente della Regione. Anche Fontana era d’accordo. Poi le cose si sono raddrizzate, Fontana è stato prosciolto, lei ha presentato la cambiale e gli altri hanno risposto che non c’erano più le stesse condizioni. Si capisce che lei non sia contenta.
Ultima battuta dell’intervista a La Stampa su Meloni e Salvini. “Il populismo è stato superato e archiviato. Perché abbiamo avuto due cosette mica da ridere: il Covid e la guerra in Ucraina. Le cose serie allontanano quelle irrazionali, quando ci sono di mezzo i morti, le chiacchiere da bar rimangono tali, Grillo, Salvini sono stati l’ammiccamento all’onnipotenza dei desideri, piuttosto che alla razionalità. Hanno connotati da demagoghi”. Quanto alla Meloni, “ha lucrato tutto il dissenso possibile essendo l’unica all’opposizione. Ma certe prese di posizione su vaccini e mascherine non mi sono piaciute. E stata demagogica anche lei, triplicando i voti. Ma
non basta avere tanto consenso: bisogna poi sapere cosa farsene».
In conclusione, Albertini ai milanese consiglia “di andare comunque alle urne, di riflettere come faccio io e poi di scegliere secondo coscienza. La democrazia è troppo importante e non ci si può astenere, sennò poi si subiscono le scelte degli altri».