Alla fine ci sono riusciti. I russi hanno convinto davvero anche Matteo Salvini (che lo avessero già fatto con Giuseppe Conte e il M5S era palese da mesi) a far cadere il Governo Draghi. Il dossier pubblicato oggi da La Stampa, con tanto di documentazione esclusiva in possesso dell’intelligence che il quotidiano ha visionato, svela gli inquietanti retroscena dei legami, già noti, del leader della Lega con Vladimir Putin e uomini vicini allo zar. Salvini, impossibile dimenticare, a maggio stava organizzando – grazie al suo faccendiere filo russo Antonio Capuano e a Oleg Kostyukov, importante funzionario dell’ambasciata russa che acquistò per il capo del Carroccio i biglietti per Mosca – un viaggio in direzione Cremlino come sedicente “ambasciatore di pace”. Rinunciò solo per il polverone scatenato dalla notizia, con la condanna bipartisan per la vicinanza della Lega al sanguinario autarca che ha invaso e distrutto l’Ucraina. Ma gli ordini da Mosca sulla necessità che la Lega creasse tensioni e facesse poi cadere il Governo Draghi a via Bellerio arrivarono lo stesso, visto l’epilogo dell’esecutivo guidato da uno degli uomini più autorevoli del pianeta ma anche uno dei più acerrimi nemici del dittatore russo.
“Li ritirate i ministri?” fu quello che, secondo La Stampa, alla fine di maggio Oleg Kostyukov – sì, quello che comprava i biglietti per Mosca a Salvini – chiese ad Antonio Capuano, ex deputato napoletano di Forza Italia e oggi emissario del leader leghista presso i russi, “lasciando agli atti – scrive il quotidiano – un interesse fattuale di Mosca alla destabilizzazione dell’Italia”. Sono i giorni dell’asse gialloverde guidato da Conte e Salvini contro l’invio dii nuove armi in Ucraina: una posizione che crea più di un fastidio a Mario Draghi, e più di un imbarazzo all’Italia. “Il diplomatico, facendo trasparire il possibile interesse russo a destabilizzare gli equilibri del Governo italiano con questa operazione – scrive La Stampa -, avrebbe chiesto se i ministri della Lega fossero intenzionati a rassegnare le dimissioni dal Governo”. Tramite Kostuykov, vicario dell’ufficio politico dell’ambasciata russa a Roma, e quindi fedelissimo di Putin, da Mosca arrivano gli ordini che lo zar impartisce al suo sodale italiano. Proprio in contemporanea con le telefonate tra lo stesso Putin e Draghi per sbloccare il grano ucraino. La strategia del doppio forno.
Salvini, intanto, prosegue nel suo programma di viaggio verso il Cremlino, dove dovrà incontrare a pranzo il ministro Sergej Lavrov e il presidente della Camera Alta dell’Assemblea federale russa, Valentina Matvienko. E forse anche lo stesso Putin. “Matvienko è una oligarca non da poco: possiede una straordinaria proprietà in Italia, sulla costa di Pesaro, 26 ettari di territorio, 650 metri di costa disponibile e totalmente privatizzata, casa di 774 metri quadrati – scrive La Stampa basandosi sui dossier dei servizi -. È una delle funzionarie più potenti del regime del Cremlino, quella che il 23 febbraio 2022 ha firmato la richiesta di truppe russe all’estero, ossia l’entrata in guerra della Russia con l’invasione dell’Ucraina. Una donna che è naturalmente sotto sanzioni dell’Ue, addirittura fin dalla prima ondata, il 21 marzo 2014, assieme a uomini come Vladislav Surkov, allora consigliere di Putin, il ‘mago del Cremlino’, e Sergey Narishkin, oggi capo del Svr, i servizi esteri russi. Matvienko viene da una lunga storia sovietica, prima nel Komsomol, il Comitato della Gioventù Sovietica, poi nel Partito e nel Servizio diplomatico. Sostiene Kamil Galeev, fellow del Wilson Center e esperto di storia sovietica, che, parlando in linea generale, ‘le giovani donne del Komsomol svolgevano per lo più compiti di accompagnatrici in quella Unione sovietica brutalmente sessista’: le ragazze stereotipate del Komsomol che aspiravano alla carriera partecipavano spesso a saune con i capi, in Urss era chiamato ‘l’escort service’”. Un quadretto niente male.
Il viaggio però diventa di dominio pubblico, Salvini finisce nell’occhio del ciclone e rinuncia ad andare a Mosca. Ma Mosca non rinuncia al senatore della Lega: è in quel momento che, secondo i documenti in possesso de La Stampa, Oleg Kostyukov – che è figlio di Igor Kostyukov, il capo del Gru, i servizi militari di Mosca, pezzo grossissimo dell’apparato putiniano – rassicura Capuano, in ansia per l’irritazione dello zar che potrebbe seguire al mancato tour russo del leader del Carroccio, “di non preoccuparsi per gli impatti su Mosca”. Cosa sia accaduto dopo non è al momento documentabile, ma Salvini, tempo due mesi, ed esegue quanto prescritto da Mosca, approfittando della crisi innescata, ma guarda il caso!, dall’altro partito italiano filo russo, il M5S: non c’è neanche bisogno di ritirare i ministri, basta la sfiducia e Draghi si dimette. Proprio quello che voleva Putin.