Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, dice la terza legge della dinamica introdotta da Isaac Newton nel 1687. Ma forse i partiti, nel momento in cui hanno staccato la spina al governo Draghi, non l’avevano troppo considerata, presi come erano dalla febbre di voto, intontiti dai sondaggi e dai commenti al veleno sui social. Oggi però tanto Salvini quanto Conte debbono misurarsi con le conseguenze delle loro iniziative. A leggere l’ultimo report di Euromedia Research, riportato su «La Stampa», appare evidente come la crisi abbia un prezzo e il conto salato lo pagheranno coloro che oggi vengono additati come gli autori della defenestrazione dell’italiano più autorevole in circolazione. Gli Italiani per ora non sembrano guardare troppo alle proposte, ai progetti delle singole forze politiche: ogni discorso degli elettori finisce sempre lì a quell’assurdo remake del Papeete che ha gettato il Paese nell’incertezza. È evidente che arriverà il tempo di voltare pagina, anche perché (non per metter fretta) il ritorno alle urne è previsto per il prossimo 25 settembre. Questa la data da cerchiare in rosso sul calendario.
Stando all’ultimo sondaggio di Euromedia Research il 61,8% degli intervistati non si dichiara contento della fine dell’esperienza del governo Draghi, e tra di loro troviamo il 63,2% degli elettori di Forza Italia e il 51,1% di quelli della Lega. Il 64,6% dei cittadini intervistati dice che terrà conto, nel bene e nel male, di quanto avvenuto nella propria scelta di voto il 25 settembre e tra questi si conferma ben il 60,3% di coloro che si dichiara ancora indeciso se andare a votare e per “chi” votare. Ed è su questi “amletici” elettori che dovrebbe puntare il leader di Azione Carlo Calenda, che mira a contenere il centrodestra, che vede FdI, Lega e Fi. A chi attribuiscono maggiormente gli Italiani la colpa della caduta del premier Mario Draghi? In primis a Giuseppe Conte (65%). Seguono Matteo Salvini (58,5%), Beppe Grillo (53,5%), Silvio Berlusconi (52,9%) e Luigi Di Maio (46,9%). Certo non si trovano in una comfort zone gli altri due leader di spicco del momento: ad Enrico Letta gli Italiani imputano la colpa di non aver avuto nessun ruolo; a Giorgia Meloni (che pure è quella che ha tratto maggior vantaggi dalla crisi essendo rimasta sempre all’opposizione) di aver colto la palla al balzo, visto che mesi non faceva altro che evocare un ritorno alle urne.
Nelle intenzioni di voto registrate “a caldo” nel post crisi di governo Fratelli d’Italia ha preso +1,5% nel giro di una settimana. Gli alleati suoi invece perdono punti: -0,9% per Forza Italia e un –0,6% per la Lega. Il Pd, guidato da Letta, guadagna un punto percentuale (22,8%), Azione di Carlo Calenda lo 0,6% (5,1%), e Italia Viva di Matteo Renzi lo 0,5% (3,1%). La speranza è che la rabbia degli elettori nei confronti dei partiti, colpevoli di aver mandato a casa Draghi in una fase così delicata per l’Italia, duri fino al 25 settembre. Ma cerchiamo di essere fiduciosi, ottimisti, anche perché come ha detto lo stesso premier qualche tempo fa «il pessimista non serve a niente perché sta lì seduto a dire che le cose non vanno bene, e non fa niente però. Sta lì a criticare, si dispiace, è arrabbiato e triste. Una cosa la fa: spesso ti fa capire delle cose di cui tu magari non ti accorgi. Però, a parte questo, è uno stato d’animo che non produce. Quindi bisogna essere ottimisti, bisogna guardare al futuro come una opportunità, non come un rischio».
L’irresponsabilità di chi ha messo in panchina Draghi resterà ben presente in cabina, viva nella coscienza degli elettori, che godono di una memoria più felice (si spera sempre) di quella di Dory, la pesciolina protagonista di «Alla ricerca di Nemo» e del sequel. E poi qual è il messaggio di fondo della saga creata dalla Disney-Pixar? Ah sì, la memoria delle emozioni non si dimentica. E l’aver visto l’Italia crescere nelle mani di Mario Draghi, luminosa sul tetto d’Europa nonostante le difficoltà, autorevole agli occhi degli altri Paesi, è qualcosa che non si può scordare.