Draghi

Nell’ora più buia l’Italia ha bisogno di un Draghi bis

Dopo lo strappo del M5s, che non ha votato al Senato la fiducia sul decreto Aiuti, Super Mario amareggiato si è dimesso. «Draghi ha dovuto combattere tra il dolore per l’ingiustizia subita e il senso di responsabilità verso il Paese», la versione di un ministro. Nella tarda serata di ieri il presidente del consiglio si è recato al Colle, dove ad attenderlo c’era Sergio Mattarella, che a sorpresa ha deciso di respingere le dimissioni dell’ex governatore di Bankitalia. Il capo della Stato ha scelto così di rinviare il premier alla Camere per «effettuare, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata». I giochi non sono ancora fatti, ci sono i «tempi supplementari» evocati da Giorgetti.

Il premier non ha scelto la formula definitiva delle dimissioni «irrevocabili», ma chi lo conosce sa che non è solito tornare sui suoi passi. Ed è invece quello che le persone di buon senso chiedono oggi al presidente del consiglio: resistere, anzi, meglio ancora, ripartire. Che non significa farsi logorare, o far finta che nulla sia accaduto. La verità è una sola: abbiamo fiducia in lui, perché sappiamo che governare non significa parlare, ma agire. E il presidente del consiglio ha dimostrato in questi mesi difficili di essere la migliore leadership che il Paese possa esprimere. Sul fronte interno, come su quello internazionale. E l’ironia di Medvedev fa capire in controluce come l’Italia stia svolgendo un ruolo importante a difesa dell’Ucraina. Per questa ragione Mosca teme sinceramente Mario Draghi: dalla Russia ci si augura di cuore che vada a casa.

Il premier Draghi non può mollare proprio ora: l’Italia ne uscirebbe più povera. E con il nostro Paese l’Europa intera, che spaventata guarda con trepidazione quanto sta accadendo a Roma. L’irresponsabilità di Conte, del suo partito come lo chiama Di Maio, pure è sotto gli occhi di tutti. Serve un Draghi bis senza i Cinque Stelle, un esecutivo che faccia le riforme che servono. Draghi “whatever it takes”. Ad ogni costo, sì. Per non consegnare il Paese nelle mani dei populisti, dei sovranisti. Chi meglio dell’ex numero uno della Bce può aiutare l’Italia ad affrontare una tempesta come quella che si prospetta in autunno? Mesi difficili ci aspettano e abbiamo il Pnrr da mettere in cassaforte.

«Dobbiamo essere orgogliosi di quello che abbiamo raggiunto, in un momento molto difficile, nell’interesse di tutti gli italiani», ha detto commosso il premier al Cdm di ieri, annunciando le sue dimissioni. Ma molto altro ancora c’è da fare, da costruire. I partiti dunque debbono mettere da parte i propri contrasti, finirla con la mania di piantare bandierine. Responsabilmente i leader di partito dovranno impegnarsi in questi cinque giorni utili per dar vita ad un governo libero da veti e pressioni esterne. Perché il premier resti dov’è (e sia contento e orgoglioso di restarci), è opportuno metterlo nelle condizioni di governare facendo quelle riforme che sono necessarie al Paese. Nell’ora più buia abbiamo bisogno di lui.