Il faccia a faccia c’è stato. Un’ora di colloquio tra Draghi e Conte e, niente, siamo sostanzialmente al punto di partenza: Conte ricatta e Draghi per ora porta pazienza, sapendo che in ballo c’è molto di più delle ripicche del leader pentastellato.
Nove sono le richieste avanzate dal Movimento Cinque Stelle che impone (sic!) risposte entro fine mese, altrimenti si stacca al spina e tutti a casa! Questo il grandissimo senso di responsabilità di Giuseppe Conte. Che poi sia l’ennesimo penultimatum o stavolta l’avvocato del popolo faccia sul serio non è dato sapere e solo il tempo darà risposte. Ma i capricci del Movimento stanno irritando Draghi e stanno facendo male al Paese, ma questo non sembra più interessare ai cinquestelle. Oramai il partito di Grillo è inquietantemente accartocciato su se stesso, in piena crisi di consenso e di credibilità tanto che spera di rifarsi una verginità tornando ad essere partito di lotta (e del governo chissenefrega!): questo pare essere il leitmotiv della base e di molti dei parlamentari che, con l’uscita di Di Maio, si sono sentiti liberi di dare sfogo a tutto il peggio che la politica italiana ha prodotto i questi anni. E, come dice oggi saggiamente Alessandro Campi sul Messaggero, non potrebbero fare diversamente. E’ chiaro – secondo l’insigne analista – che un partito eroso e sfibrato in piena crisi di consenso e che rischia davvero la scomparsa, non può fare altro che “rendersi riconoscibile in primis agli occhi di chi ancora lo vota”.
Insomma dovevano fare l’antisistema e si sono alleati nel governo di unità nazionale proprio con quel sistema che volevano sbriciolare. Difficile recuperare credibilità e nel vano tentativo di sopravvivere, al Movimento non rimane altro che giocarsi la matrice sociale di extra sinistra peronista. Tutto prevedibile e previsto, eppure egualmente pericoloso per il Paese.
Il pretesto saranno i nove punti (nove, mica uno.. nove!!) su cui Draghi viene ricattato e tenuto ostaggio. Il duro e puro Conte avverte: nessuna cambiale in bianco o si esce dal governo. Non ci vuole un genio della politica per comprendere che su nove punti di ricatto, la buccia di banana si trova facilmente e invocare la discontinuità (termine assai abusato ormai da decenni) è solo una foglia di fico per tenersi le mani libere e far cadere il governo quando più converrà, o quando “la base glielo chiederà”. Perché purtroppo il senso dell’azione di Giuseppe Conte è questo: assecondare la base. Non leader, ma follower in perfetta coerenza con cosa è da sempre stato il Movimento Cinque Stelle. Un partito di internettologi più interessati ai like sui social che al bene del Paese. Oggi che quell’esperienza politica sta veleggiando verso la disfatta e probabilmente la semi-scomparsa, la vera natura dei grillini emerge chiaramente, in barba a chi si era illuso e chi ancora si illude di poterli “parlamentarizzare”.
Draghi guarda il bicchiere mezzo pieno e il suo staff fa sapere di un colloquio franco e costruttivo soprattutto in vista dell’approvazione del Decreto Aiuti su cui pare esserci quantomeno la volontà da parte di Conte di votare l’eventuale fiducia alla Camera seppur “obtorto collo”. In Senato la battaglia sarà più ardua e i Cinquestelle fanno pretattica non chiarendo se voteranno o meno la fiducia. Il filo di rasoio è affilatissimo e Conte si trova stretto tra una base e parte dei parlamentari che premono per l’uscita e il Consiglio Nazionale che ha espresso l’orientamento di non rompere.
I temi sollevati sono i soliti: reddito di cittadinanza, cuneo fiscale, caro bollette, salario minimo e ovviamente il superbonus. Poi si parla anche di nuovo scostamento di bilancio e rateizzazione (condono?) delle cartelle esattoriali. Tutti temi buttati là alla rinfusa in modo del tutto generico senza alcuna reale proposta costruttiva e propositiva. Evidenza che risulta palese ad ascoltare le parole di Conte nella conferenza stampa post vertice. L’avvocato del popolo si è trasformato nel Conte Mascetti. Un fiume di parole che non dicono nulla e che non esprimono alcun contenuto … ma proprio nessuno! Si alterna vittimismo con finto decisionismo, una gara muscolare del tutto inutile e irresponsabile di chi ormai sa che per esistere deve tirare la corda fino alla rottura. E probabilmente la rottura arriverà a fine mese ma non servirà a niente nemmeno ai grillini. Il Movimento ha perso quella “spinta propulsiva e visionaria” tipica del grillismo delle origini e di Gianroberto Casaleggio. Oggi siamo al requiem e l’ennesimo ricatto non salverà ne barca né equipaggio: il problema però è che insieme al Movimento rischia di affondare l’intero paese.
Loro dicono che sono dei pagliacci, ma a vedere come agiscono, ci assomigliano davvero molto!