Una cosa va spiegata al leader M5S Giuseppe Conte: fare distinzione tra “armi difensive” e “armi offensive”, ricorrendo peraltro al paragone con la “linea del Piave” (paragone assai sconveniente e poco felice, considerando che nella battaglia del Piave morirono 84.600 militari italiani e 149 mila soldati austro-ungarici, e che il fiume è emblema di un popolo che resiste all’invasore e lo ricaccia indietro resistendo) in merito al sostegno militare che l’Italia ha l’obbligo morale di fornire all’Ucraina, non ha alcun senso. E’ un falso ideologico e basta, un’ipocrisia che non fa altro che il gioco dell’amico (di Conte) Putin.
Tra un grottesco richiamo al “modello Costa Rica” di Grillo, l’imbarazzo per il Russiagate e l’avvilente caso Petrocelli, Conte, nonostante per il momento il governo non intenda modificare la qualità della fornitura di armi all’Ucraina (“il secondo decreto sarà della stessa natura del precedente, in ossequio alle risoluzioni del Parlamento” ha detto il ministro della Difesa Lorenzo Guerini) si è in questi giorni adoperato per riunire il Consiglio nazionale del partito con l’intento di far mettere a verbale che il Movimento “si oppone all’invio di aiuti militari che possano travalicare il diritto dilegittima difesa sancito dall’articolo 51 della Carta Onu, per evitare un’escalation militare, scenario da terza guerra mondiale”. Conte, inopportunamente, ha quindi definito tale scelta “la linea del Piave del M5S”, chiedendo poi a Guerini, esponente del PD alleato dei pentastellati, di riferire in Parlamento sulla nuova tranche di aiuti militari all’Ucraina. “Non escludiamo la possibilità di una mozione in sede di dibattito parlamentare – annuncia Mario Turco, vicepresidente M5S – per sostenere quanto deliberato dal nostro Consiglio nazionale. Sentiremo anche le altre forze di maggioranza sulle questioni che abbiamo sollevato”. L’ex premier, manco tanto convintamente, sostiene di non voler “spaccare la maggioranza”, ma che il M5S “in Parlamento voterà di conseguenza”.
Insomma, sostegno all’Ucraina sì ma senza esagerare, sennò poi si incazza Putin: in sostanza il Conte-pensiero è questo. Ipocrisia allo stato puro, che crea imbarazzo anche agli alleati del PD e all’Esecutivo. Perché, Draghi al riguardo è stato molto chiaro, sulle armi all’Ucraina – senza stare a cercare il sesso degli angeli nella distinzione, dal sapore opportunistico, tra “pesanti” e “leggere” – l’Italia non farà un passo indietro: ne va della tenuta della democrazia, visto che parliamo del sostegno a un popolo aggredito che ha bisogno di mezzi per ricacciare indietro l’invasore. Questa è la linea di Draghi, opposta a quella di Conte. Che insistendo con l’ipocrita e ridicola distinzione non chiarisce però cosa siano per lui per un’arma difensiva e un’arma offensiva, e mette a questo punto a rischio la tenuta stessa dell’Esecutivo. Vale la pena citare al riguardo l’ironia di Francesca Musaccio su Ofc.Report: “per andare incontro alle richieste dei cinquestelle si potrebbe scrivere un messaggio sugli imballi delle forniture, qualunque esse siano – scrive -. Qualcosa tipo ‘Attenzione! Usare solo come armi difensive! In caso contrario la fornitura sarà sospesa”. Se non fosse tragico sarebbe ridicolo, perché mentre sull’Ucraina piovono missili e centinaia di civili perdono la vita in un conflitto di cui ancora non si vede fine, in Italia il rampante avvocato del popolo guarda il proprio tornaconto politico. E dovrebbe almeno il pudore di tacere visto il quadro di instabilità nel quale si trova il suo Movimento a causa di personaggi come Vito Petrocelli”. Poco da aggiungere.