Il populismo della mascherina, la quarantena nazionale e l’incapacità di decidere: ecco la politica ai tempi del coronavirus

In Italia la buona politica da tempo non c’è più. E il caso coronavirus lo ha fatto emergere con spietata freddezza: con maggiore senso di responsabilità, con decisione e senza paura si sarebbero dovuti chiudere non solo i voli diretti provenienti dalla Cina, ma anche quelli indiretti, istituendo corridoi di controllo negli aeroporti per cercare di limitare il contagio. Farlo non avrebbe avuto nulla di razzista, non farlo ha scatenato il razzismo più bieco e becero nei confronti di chiunque in Italia abbia gli occhi a mandorla, colpito dall’isteria collettiva di chi vede nel “pericolo giallo” il germe della “peste 4.0”.

Insomma, fare prevenzione con un minimo
di buonsenso ma senza allarmismo avrebbe evitato le conseguenze che oggi sono
sotto gli occhi di tutto: città deserte, orde di cittadini impazziti che girano
con maschere antigas e saccheggiano supermercati in attesa di chissà quale
scenario post atomico degno dei migliori manga giapponesi, luoghi affollati
messi al bando, economia del nord completamente bloccata, turismo messo in
ginocchio da prenotazioni disdette. Panico ovunque, informazione impazzita e
fake news incontrollate che viaggiano alla velocità della luce sui social.

La cattiva politica ha una enorme
responsabilità nella pessima gestione di questa emergenza , che avrebbe
richiesto atteggiamenti – dal Governo Conte ai rappresentanti di ogni partito o
schieramento – più cauti, riflessivi, prudenti. Decisionismo efficace, ma di buonsenso.
Invece l’unica proposta arrivata fino ad ora è la quarantena nazionale, come ha
avuto modo di mostrarci il governatore lombardo Attilio Fontana in un video con
la mascherina (peraltro del tutto inutile), autoproclamatosi in esilio
volontario nelle sue stanze a causa della positività al test di una sua collaboratrice.
L’apoteosi dell’allarmismo ingiustificato, che serve solo a nutrire la già
incontrollabile psicosi collettiva.

La responsabilità del panico, stimolato
anche da piani di emergenza estremi, della suggestione che spinge chiunque a
vedere l’untore nel vicino di casa o a intasare il numero verde per l’emergenza
anche se non ce n’è motivo, è solo di una politica non in grado di prendere
decisioni ma capace solo di affidarsi ai tanti tecnicismi che ormai governano
davvero il paese. Nella fattispecie, di scienziati i cui pareri al riguardo
sono più che contrastanti: eclatanti il caso di Burioni e della Gismondo.
Invece di pensare ad affrontare una potenziale pandemia potenziando le
strutture sanitarie con gli strumenti necessari a curare i casi più gravi
dell’influenza (perché di questo si tratta), si sceglie di non decidere.

Ha pertanto ragione Marcello Sorgi
quando dice che “un governo, se c’è, esiste per valutare,
approfondire e decidere, non per farsi sostituire da rispettabili dottori, a
cui pure va il plauso per essersi messi a disposizione e lavorare
ininterrottamente da giorni e giorni. Altrimenti, mandiamo a governare gli
esperti, e a casa il governo”. La politica è chiamata a governare. Serve a
questo. Ma in Italia ormai il populismo della mascherina della buona politica
ha lasciato ben poco.