Il nemico dell’Italia non è il virus ma la mancanza di un’idea di Paese

Manca soprattutto un’idea. Un’idea di governo del Paese. Un’idea di mondo. Una visione di come dovrebbe essere la società, un’unità di intenti che sostenga una comunità in cammino. È chiara l’inadeguatezza del governo Conte, agonizzante già prima della diffusione del Covid-19, che prima distrugge l’economia italiana lanciando l’allarme quando non ce ne era bisogno, e poi cerca di aggrapparsi qua e là a inviti a non drammatizzare una volte resosi conto che la faccenda è seria. Tra una pronuncia alla Albertone di Di Maio è l’ultima soluzione facile proposta da Renzi, le risorse stanziate dal ministero dell’Economia per fronteggiare l’emergenza sono del tutto insufficienti. Il panico dilaga, l’economia agonizza e il resto lo fa l’autonomia delle Regioni, in mano a gente come Zaia e Fontana che tra mascherine infilate male e gaffe razziste sui cinesi non ci stanno capendo più nulla. E che non trasmettono ai cittadini disorientati il minimo senso di sicurezza e la minima affidabilità. 

In Italia mancano i posti letti in rianimazione negli ospedali, necessari in caso di pandemia, ma abbiamo Barbara D’Urso che, attraverso lo stesso canale scelto dal premier Conte per dare informazioni ai cittadini, ci insegna a lavarci le mani correttamente. E ovviamente non può mancare certo in questo scenario già di per sé apocalittico – e non per il virus – la solita ballata populista del “chiudete i porti” leghista, diffusa senza sosta da un Salvini adesso stranamente accogliente, ma solo coi turisti che invece snobbano il Belpese. 

Da nessuno, nessuno, che rappresenti le istituzioni, è arrivata una onesta ricostruzione della verità su ciò che stiamo vivendo. Nessuno, neanche Mattarella, che abbia avuto il coraggio di alzarsi e, a reti unificatrice parlate alla nazione dicendo “signori, così stanno le cose, siamo di fronte a una emergenza seria che deve unirci e non dividerci e che intendiamo affrontare così e colà”. E invece il senso di comunità degli italiani brava gente si va a fare benedire (non con l’acqua santa, vietata nelle chiese perché mezzo di contagio). 

“Serve una voce che con il massimo dell’autorevolezza parli al Paese, rimetta a posto gli sciacalli, plachi il panico che va diffondendosi e proietti dell’Italia, anche all’estero, a quanti ci stanno evitando come la peste, l’immagine di una nazione ferita ma fiera, capace di affrontare con dignità il baco inatteso del Terzo millennio” scrive oggi Carlo Verdelli su Repubblica. Parole condivisibili. Se solo quella voce esistesse e l’Italia, una volta paese delle magnifiche sorti e progressive, non fosse in mano a un gruppo di atoni a cui stavolta nessuno ha scritto i testi.