Serve ridurre il numero dei parlamentari senza aumentare il federalismo?

La situazione del numero dei parlamentari nei vari paesi europei e delle democrazie occidentali non può essere letta in modo semplicistico e matematico. La democrazia parlamentare va letta seguendo il dato della rappresentatività non solo in rapporto al numero degli abitanti per singolo rappresentante eletto al parlamento, che in Italia è di circa 1 ogni 63mila abitanti, ma secondo le funzioni, la struttura e il modello organizzativo/costituzionale di ogni Stato. In questi termini e secondo i 2 parametri citati, l’Italia ha un quoziente tra i più bassi d’europa, se consideriamo pure la centralità delle funzioni legislative primarie. Ad esempio, Cipro che ha quasi 1 milione e duecentomila abitanti, pur avendo solo 56 parlamentari ha un rapporto di un rappresentante ogni 21000 abitanti; la Grecia con i suoi 10.000.000 circa di abitanti e i suoi 300 parlamentari, ha un rapporto di 1 parlamentare ogni 33mila abitanti; la Romania con i suoi 20 milioni di abitanti: 1 parlamentare ogni 43 mila abitanti: l’Estonia ad es. 1 parlamentare ogni 13000 abitanti. Regno Unito 1 parlamentare ogni 43mila abitanti. Belgio 1 parlamentare ogni 54.000 abitanti.

Il quoziente aumenta rispetto all’Italia se si considera Francia, Polonia e Germania. Tuttavia, quest’ultima ha una organizzazione differente, secondo un modello federale, che vede un più incisivo potere dei regionalismi e delle autonomie locali, rispetto allo stato centrale secondo un modello legislativo che delega alle strutture periferiche buona parte delle funzioni centrali. Ad es. l’art. 50 della Legge fondamentale, indica il Bundesrat (Consiglio federale) come l’organo attraverso il quale i Lander ( stati federati: Sassonia, Baviera ecc.) partecipano al potere legislativo e all’amministrazione dello Stato federale e si occupano di questioni relative persino all’Unione europea, limitando coadiuvando e semplificando il ruolo e i compiti dell’attività del legislatore centrale, seguendo le istanze dei bisogni territoriali.

In Italia, invece, in Parlamento si litiga su come distribuire i fondi europei a livello territoriale e scoppiano le solite, ataviche diatribe Nord contro Sud, foraggiate dai soliti istinti separatisti. In Germania il federalismo unisce è collante di unità e motore di sviluppo. In Italia il centralismo distrugge lo sviluppo armonico nazionale. Nessuno ha mai pensato ad un federalismo serio, non solo fiscale, ma legislativo, amministrativo secondo un modello federale alla tedesca.

A ben vedere, quindi, in termini di rappresentanza siamo già attualmente messi peggio di Estonia, Grecia, Cipro e Romania. Siamo uno dei paesi con un indice di rappresentatività molto basso in base ai 62 milioni di abitanti, con un accentramento del potere legislativo quasi totalmente statale, salvo alcune rare eccezioni per le regioni a statuto speciale nelle materie di loro stretta autonomia ( poche materie peraltro) o a statuto ordinario ove la legislazione regionale delegata e i poteri regolamentari attribuiti secondo le leggi cornice, mortificano i territori e la democrazia. Il lavoro parlamentare di studio e preparazione dei testi di legge viene devoluto in Italia alle Commissioni parlamentari. Le regioni hanno un limitato potere propositivo.

Se riduciamo i parlamentari a 600 avremo 1 parlamentare ogni 103 mila abitanti e con l’assetto centralista attuale verrà paralizzato il corretto funzionamento delle Commissioni parlamentari, che per colmare il deficit numerico dovrebbero avvalersi delle consulenze di burocrati, nominati dagli stessi politici e con costi raddoppiati rispetto agli attuali costi del parlamento, salvo che non si voglia ingessare l’attività parlamentare.